Van Straten: «Divulghiamo le foto Alinari: narrano la nostra storia, pandemia inclusa» 

Decolla la Fondazione creata dalla Regione Toscana. Dal web ai restauri alla sede, parlano il presidente - scrittore e la direttrice appena nominata, Claudia Baroncini

Van Straten: «Divulghiamo le foto Alinari: narrano la nostra storia, pandemia inclusa» 
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16 Febbraio 2021 - 18.45


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«Con l’archivio Alinari si potrebbe fare una storia delle pandemie: pochi giorni fa ho trovato una foto di persone con le mascherine ai tempi della Spagnola. Si può raccontare tanto». Lo ricorda a globalist.it Giorgio Van Straten, narratore che sui riverberi del passato nel presente ha scritto molte pagine coinvolgenti e uomo di lunga esperienza nella guida e gestione di istituzioni culturali (dal Maggio Musicale Fiorentino all’Azienda Speciale Palaexpo di Roma all’Istituto italiano di cultura a New York). Stavolta indossa la giacca di presidente della Fondazione Alinari per la Fotografia – Faf che è della Regione Toscana e della quale presenta l’atto di nascita pubblico al Teatro della Compagnia di Firenze. Dove, sul palcoscenico davanti ai cronisti, lo affiancano il presidente della Regione Eugenio Giani e Carla Baroncini appena nominata direttrice dell’istituto. Del quale sarà utile ricordare come è nato: l’amministrazione regionale del precedente mandato, guidata da Enrico Rossi e con Monica Barni alla cultura, nel 2019 ha saputo che Alinari era in vendita, dopo le trattative a inizio 2020 ha acquisito per 15 milioni di euro l’intero patrimonio della ex società della famiglia De Polo altrimenti destinato alla dispersione mantenendolo nel capoluogo; dopo di che ha costituito la Fondazione e vi ha nominato a presiederla Van Straten. Adesso non si discetta più del salvataggio compiuto: si parla delle prospettive. A partire dal sito web. Cui converrà chiosare senza tanti giri di parole né infingimenti: l’operazione è stata eccellente e audace, la scelta del timoniere giusta, con merito Giani la sostiene e prosegue. 

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Sede a Villa Fabbricotti, la caccia a una casa per le mostre
Riassumendo: il patrimonio conta di oltre cinque milioni di pezzi di cui 4.950mila sono le foto, cui si aggiungo apparecchiature, negativi, libri e riviste, album, dagherrotipi e pezzi della stamperia d’arte. Questa messe è ben ricoverata e ben protetta nei depositi della società Art Defender a Calenzano, verso Prato. La Fondazione con uffici aperti al pubblico e archivi andrà a Villa Fabbricotti, vicino al Museo Stibbert, quando i lavori per adeguarla saranno finiti, presumibilmente entro il 2022.  
Nel frattempo Van Straten e Baroncini tracciano due percorsi avviati. Il primo percorso vede la ricerca di una sede adeguata per un museo dove esporre e allestire mostre. Il presidente della Fondazione, con il sostegno di Giani, punterebbe a uno spazio nel complesso di Santa Maria Novella dove andrà il Museo della lingua ma non è detto sarà quella la sede. Ovunque sarà, la Fondazione cerca una dimora espositiva in accordo con il sindaco Dario Nardella e l’esito è cruciale. 

Claudia Baroncini: «Il sito accessibile a tutti gratuitamente» 
Il secondo percorso è il web. La parola passa a Claudia Baroncini: «Vogliamo un dialogo con i cittadini attraverso il sito dove ci sono 250mila immagini digitalizzate ad alta risoluzione accessibile a tutti gratuitamente – dice ai cronisti e a globalist –. Questo patrimonio deve avere finalità educative e formative, può anche educarci all’immagine visto che siamo sommersi dalle immagini ma a volte non abbiamo gli strumenti per interpretarle. Le fotografie non sono solo opere d’arte ma documenti che parlano di noi come italiani dal 1852 a oggi e vogliamo restituirli al mondo della scuola, dell’università, della ricerca, degli appassionati anche perché l’archivio non è mai stato indagato in maniera sistematica». La digitalizzazione, saràè utile dirlo, non si arresta: «È un lavoro continuo di implementazione di immagini digitali», rimarca la direttrice . 
Van Straten: «La fotografia non è solo un oggetto da museo»
Qualcuno potrà domandarsi: qual è il senso complessivo della Fondazione. Di nuovo a Van Straten alla nostra testata: «Come decide una Regione di investire una cifra considerevole, fra la parte materiale e quella immateriale, di 15 milioni? Il primo elemento è la difesa di un bene culturale che rischiava di andare disperso. Però è sbagliato pensare alla fotografia, come fanno alcuni storici dell’arte, solo come un bene artistico, come un oggetto da musealizzare. La fotografia nasce con altri intenti e mantiene l’elemento documentario, narrativo, che è fondamentale e lo rende un patrimonio molto fruibile, in grado di stimolare altre produzioni e di raccontare storie legate al passato e che si modificano nel tempo e permettono di comprendere il nostro percorso. Il primo pilastro è conservare questo patrimonio e metterlo a disposizione».

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I finanziamenti
Per riflettere sul passato e il presente la materia prima deve essere in buono stato. «Abbiamo vinto insieme all’Opificio delle Pietre dure un bando del Ministero per i beni culturali per restaurare e digitalizzare i “pezzi unici”» cioè, spiega Van Straten, «le foto prima dell’invenzione del negativo». Per restare in tema di finanziamenti: la Regione ha stanziato 600mila euro per tre anni, la Faf ha vinto il bando ministeriale, il presidente annuncia che contribuirà la Fondazione Cassa di risparmio di Firenze ma non può dirne la cifra, infine – ed è un capitolo determinante – dal 16 dicembre scorso l’istituto possiede anche i diritti delle immagini i quali serviranno a sostenere economicamente la Faf, organismo senza fini di lucro come ricorda Claudia Baroncini.  
«Sinergie con altri istituti»
Al di là delle mostre itineranti in programma, Van Straten vede Alinari inserita nel circuito delle istituzioni fotografiche e cita il MuFoCo di Cinisello Balsamo o la Triennale: «Penso a un sistema dove ognuno fa un lavoro complementare all’altro. In certi casi ci si può unire progettualmente, anche con soggetti privati, come Intesa San Paolo che aprirà un museo della fotografia a Torino. Non sono per fare le gare ma per le sinergie, credo ci siano grandi potenzialità di lavori comuni», afferma ancora a globalist. Frattanto la Faf ha messo su iniziative con il “Kunst”, l’istituto tedesco di storia dell’arte di Firenze o Kunsthistoriches Institut in Florenz per dirla alla tedesca. Giusto per ricordare che aborrisce il crogiolarsi nella propria storia iniziata nel 1852 con l’apertura in città della Bottega Alinari. 

Clicca qui per il sito della Fondazione Alinari per la Fotografia

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