La Scuola Normale di Pisa contestata da tre allieve

"Ma quale eccellenza tra queste macerie? Quale valore ha la retorica dell'eccellenza se fuori da questa cattedrale nel deserto ci aspetta un contesto desolante?" dice Virginia Magnaghi.

La Scuola Normale di Pisa contestata da tre allieve
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24 Luglio 2021 - 15.37


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di Marcello Cecconi 

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“Ci riferiamo al processo di trasformazione dell’Università in senso neoliberale, intendiamo un’università-azienda in cui l’indirizzo della ricerca scientifica segue la logica del profitto in cui la divisione del lavoro scientifico è orientata a una produzione standardizzata, misurata in termini puramente quantitativi”. Questo, uno dei passaggi dell’appena laureata Virginia Magnaghi che, insieme alle colleghe Valeria Spacciante e Virginia Grossi, ha pronunciato un garbato ma deciso discorso nei confronti della Scuola Normale di Pisa. 

È avvenuto durante la cerimonia ufficiale di consegna dei diplomi di questa università privata che è considerata un’eccellenza dell’alta formazione e un riferimento per la ricerca sia a livello nazionale che internazionale. “Ma quale eccellenza tra queste macerie? Quale valore ha la retorica dell’eccellenza se fuori da questa cattedrale nel deserto ci aspetta un contesto desolante?” – hanno detto le ragazze.

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Nell’esordio del discorso si era riassunto le contraddizioni che avevano vissuto le ragazze in un confronto con l’Università durato mesi e forse anni puntualizzando: “…la Scuola ha significato così tanto per noi e vorremmo oggi provare a spiegare come mai quando guardiamo noi stessi o ci guardiamo intorno ci è difficile vivere questo momento di celebrazione senza condividere con voi alcune preoccupazioni”.

Virginia Magnaghi, rappresentante degli allievi e allieve del Corso di Lettere, la prima a intervenire, ha voluto evidenziare come il contesto lavorativo, sociale e culturale investito da cambiamenti profondi dopo la crisi del 2008, vada in contrapposizione al processo di trasformazione dell’Università in senso neoliberale. “Un’università in cui lo sfruttamento della forza lavoro si esprime attraverso la precarizzazione sistemica e crescente, in cui le disuguaglianze sono inasprite da un sistema concorrenziale che premia i più forti e punisce i più deboli aumentando i divari sociali e territoriali” – continua la Magnaghi.

Valeria Spacciante ha puntato il dito sulle condizioni di lavoro all’interno dell’ateneo affermando che la Scuola: “ha perseguito la deregolamentazione delle condizioni contrattuali del personale esternalizzato di mensa e biblioteca” e che “sembra ormai aver rinunciato da anni ad una presa di posizione nel dibattito pubblico”.  Ha voluto sottolineare come l’impegno sociale e civico dei docenti sia stato silenziato rispetto alla produzione scientifica e quanto questa disabitudine all’impegno sia pericolosa per gli studenti che vengono sollecitati ad accettare acriticamente la spinta perversa alla competitività

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“Vorremmo che la Scuola Normale in quanto istituzione, corpo docente, comunità, prestasse più attenzione alla disparità tra uomini e donne all’accesso all’accademia universitaria. Borse di dottorato e assegni di ricerca sono equamente distribuiti, così non è per le cattedre di seconda fascia, ricoperte da donne nel 39% dei casi e di prima fascia nel 25% dei casi”, dice Virginia Grossi, ultima delle tre studentesse a intervenire. La ragazza si concentra infine sul divario di genere contro cui non riscontra troppo impegno e insiste: “Vi chiediamo di prestare attenzione quando di fronte a voi avete una donna, vi chiediamo di pensarci due volte quando una ricercatrice è incinta, una professoressa è madre o quando un’allieva rimane ferita di fronte a un commento che voi ritenete innocuo”.

Il discorso delle tre allieve della Scuola Normale di Pisa

La replica dell’ateneo, parziale, è arrivata subito dal direttore della Normale Luigi Ambrosi che sulla disparità di genere e sulle attenzioni da prestare a quello femminile nei concorsi di ammissione, precisa: «A livello normativo la legge italiana non consente a una istituzione accademica nei bandi di concorso di fare differenziazioni in base al genere di appartenenza. In altri paesi è possibile destinare una quota parte dei posti a ‘categorie’ in quel determinato momento ritenute svantaggiate, a livello sociale, economico, di genere».

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