Il 21-22 novembre si terrà il vertice del G20. Anche se sarà, di fatto, una riunione virtuale per via della pandemia Covid-19, esso è organizzato e ospitato dall’Arabia Saudita e sarà quindi presieduto da Salman bin Abdul Aziz Al-Saud, il re del paese. Il regime di Riyadh, dopo la caduta d’immagine seguita all’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul, cerca con questa occasione di migliorarla, sostenendo che il vertice “si concentrerà sulla protezione delle vite” e sulle “vulnerabilità scoperte durante la pandemia per gettare le basi di un futuro migliore”.
Le organizzazioni dei diritti umani, prima fra tutte Human Rights Watch, hanno chiesto ai leader che saranno presenti – e in particolar modo a quello più sensibile sul tema, il canadese Trudeau – di non sorvolare sulla pratica sistematica di violazione dei diritti umani e di persecuzioni di ogni voce critica che avviene in Arabia Saudita.
Questa del G20 è un’occasione storica per far capire che non è più possibile muovere critiche a bassa voce o dietro le quinte per timore di mettere in pericolo gli accordi economici e commerciali con questo paese. Meno di un mese fa, tra l’altro, proprio il Canada aveva ospitato una conferenza globale sulla libertà dei media. Si spera che anche l’Europa – visto che gli Usa saranno ancora rappresentati dall’Amministrazione Trump – sia capace di affrontare con serietà e fermezza un problema, quello delle violazioni dei diritti umani, che proprio in epoca di pandemia sembra destinato a peggiorare nei paesi autoritari e dittatoriali. Loujain Hathloul, per esempio, è in carcere dal dicembre 2017 e nel giorno del G20 trascorrerò il suo 920esimo giorno in prigione, dove da due settimane sta facendo lo sciopero della fame.
Nel frattempo, sempre per ricordare all’Europa che la questione dei diritti umani – e dello stato di diritto – non è disgiunta da quella delle misure economiche per contrastare la pandemia, il governo ungherese ha proposto di emendare la costituzione per limitare l’adozione alle sole coppie sposate ed escludere così tutte le persone e famiglie LGBT, in chiara contrapposizione alle scelte e ai valori dell’Unione europea. Questa proposta è stata fatta nello stesso giorno in cui il parlamento ha votato per estendere di altri 90 giorni lo stato d’emergenza decretato dal Primo Ministro Viktor Orban.