Figli di papà, grane di famiglia: da Hunter Biden agli eredi Grillo e La Russa

Il presidente degli Usa, il padrino dei 5 Stelle e il presidente del Senato italiano hanno affrontato i problemi dei figli in modi diversi. Il primo, addirittura, graziandolo mentre gli altri due con sfrontatezza e toni da tragico cabaret.

Figli di papà, grane di famiglia: da Hunter Biden agli eredi Grillo e La Russa
Joe Biden, Beppe Grillo, Ignazio La Russa
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Marcello Cecconi Modifica articolo

3 Dicembre 2024 - 12.39


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Mi hanno sempre detto di tenere a mente che il frutto non cade mai lontano dal suo albero ma, evidentemente, non si riferivano ad alcuni alberi genealogici perché pare che i frutti di questi abbiano scelto di rotolare direttamente in tribunale.

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Esempi? Biden, Grillo, La Russa. Forse c’è qualcosa di esoterico nei cognomi pesanti: accendono illusioni, aprono porte, spalancano cuori e, chissà, anche le celle del carcere. Le cronache recenti, da Washington a Milano e da Milano a Genova, ci raccontano di rampolli illustri che sembrano avere un talento innato per il guaio legale.

Partiamo dagli Stati Uniti, dove Robert Hunter Biden, figlio del presidente Joe Biden e della sua prima moglie, si è guadagnato più titoli sui giornali che crediti alla Georgetown University dove si è laureato nel 1992. Tra accuse di evasione fiscale, problemi con la droga e l’ormai leggendario “laptop della vergogna”, Hunter sembra più protagonista di una serie Netflix che figlio del leader del mondo occidentale. Papà Joe ha affrontato la cosa con il sorriso con cui si affronta un brunch domenicale: “Hunter? Oh, è un ragazzo vivace!”. Sarà per la sua esuberanza che in questi giorni, papà Joe, che ancora può permetterselo, lo ha graziato approfittando dei suoi clamorosi vuoti di memoria che gli hanno fatto dimenticare quando in passato spergiurava di non voler favorire mai suo figlio. Così anche Trump apparirà più armonico!

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Ma veniamo anche a casa nostra dove i figli dei potenti non si fanno certo mancare nulla. Ciro Grillo, rampollo del comico fondatore (e con molta probabilità dissolutore) del Movimento 5 Stelle, ha pensato bene di mettersi nei guai con una pesante accusa di violenza sessuale. Suo padre riduce il ragazzo e i tre compari accusati a “quattro coglioni col pisello fuori” e, colui che in passato inveiva contro i poteri forti e la giustizia lenta, si è trasformato in un legale d’assalto su YouTube, dove con toni da cabaret tragico lo difende.

Non poteva mancare un contributo da parte dell’élite istituzionale: Leonardo Apache La Russa, figlio di Ignazio, presidente del Senato e vice di Mattarella, è finito nel mirino per una nottata a base di cocaina e di violenza sessuale.  La seconda carica dello Stato ne “garantisce e decreta” pubblicamente l’innocenza, trasformandosi in difensore e giudice con l’imperturbabile logica di chi si arroga il diritto di mischiare ruoli e poteri. Mentre il processo continua nelle aule del tribunale, chi non sperimenta fasi della vita a base di sostanze illecite e polemiche giudiziarie, chiamerà tutto questo “privilegi 2.0”.

Una cosa è certa: quando si tratta di scivolare su qualche buccia di banana, i pargoli dei Vip sono sempre in prima fila. “Chi ha prete o parente in corte, fontana gli risorge” si dice dalle mie parti per chi si fa raccomandare dal potente di turno. Ricordo comunque a chi potrebbe averlo dimenticato che, al contrario delle aule parlamentari, in tribunale il voto di fiducia non funziona.

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