Quando la malattia privata diventa fenomeno pubblico

Il recente caso della scrittrice Sophie Kinsella fa riflettere sull’uso dei media nella rappresentazione della malattia incurabile e della morte. Gli effetti dei casi di Eleonora Giorgi e Angelina Jolie.

Quando la malattia privata diventa fenomeno pubblico
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15 Dicembre 2025 - 19.56


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di Giuseppe Christopher Catania

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Ormai è divenuto abituale annunciare la morte attraverso i social. L’ultimo caso è quello dell’annuncio della morte della scrittrice inglese Sophie Kinsella comunicarlo é stata la famiglia attraverso un post su Instagram. Peraltro la stessa autrice aveva annunciato nel 2024, sempre sui social, di avere un tumore al cervello.

Ormai sono molti i personaggi pubblici che scelgono di condividere le loro battaglie e sfide personali contro malattie ritenute pesanti e in alcuni casi incurabili. E’ una forma di coraggio oppure una forma per mostrare le proprie fragilità e chiedere sostegno? In tutti i casi emerge una volontà di abbattere i tabù su alcune malattie ritenute, nel passato, marchi sgradevoli per chi ne soffriva. Contemporaneamente queste scelte, specie in alcuni casi, sembrano assumere le forme di una spettacolarizzazione del dolore, specie la dove i social sono usati come leve di marketing per sostenere o rilanciare le attività dei protagonisti. La malattia ed anche la morte che transita dall’essere un fenomeno strettamente personale per diventare fatto pubblico merita, quindi, un’attenta riflessione, a partire dai casi più conosciuti. 

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Sono tanti e diversi, infatti, i casi in cui personaggi conosciuti al grande pubblico hanno comunicato le loro malattie attraverso i social, raccontando in prima persona la  loro storia facendola diventare di dominio pubblico. E’ arcinota la storia di Eleonora Giorgi, scomparsa il 3 marzo del 2025 a causa del tumore al pancreas. L’attrice italiana aveva deciso di condividere la notizia non solo attraverso i suoi social, ma anche partecipando a diverse trasmissioni televisive. Con questo gesto, ha sostenuto, ha inteso  mantenere un rapporto più intimo con il suo pubblico e con l’intento di sensibilizzare sull’importanza della prevenzione.

Un altro caso é stata la campagna contro il cancro al seno, condotta da Angelina Jolie: ha deciso di parlare pubblicamente della propria diagnosi e di essersi sottoposta ad una doppia mastectomia preventiva, scatenando quello che poi è stato definito come “effetto Jolie”. Sarebbe, infatti, raddoppiato il numero di donne che hanno deciso di sottoporsi al test genetico per la mutazione BRCA1, legata a un rischio di tumore alla mammella. A comunicarlo é uno studio del Sunnybrook Odette Center di Toronto, presentato al Breast Cancer Symposium 2014 di San Francisco. Stabilendo nei mesi successivi all’annuncio della attrice un numero considerevole di donne per una consulenza genetica. Circa il 90% passando da 493 a 916. Come riporta “Swissinfo.ch”. 

Tuttavia, non sempre questa esposizione pubblica ha effetti positivi. In alcune circostanze può sfociare in un processo di spettacolarizzazione del dolore, quando le malattie vengono trattate come se fossero “reality show”, rischiando di minare il significato di quella esperienza.  Magari quando si deve promuovere una nuova trasmissione o lanciare un nuovo prodotto. Quando un personaggio pubblico decide di esporsi a raccontare la propria malattia ha il diritto di farlo, ma deve avere consapevolezza del peso delle proprie parole.

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La dinamica della sensibilizzazione e della spettacolarizzazione delle malattie é un tema talmente delicato che  è strettamente legato al alcuni  fattori. Tutti da analizzare come il complesso mondo dei social nei quali la tendenza a trasformare la sofferenza in più visualizzazioni può esser sempre dietro  l’angolo.

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