Siena ha dato il via alla dodicesima tappa all’ombra della Torre del Mangia e il Giro, dopo la zona del Brunello ieri, ha attraversato quella del Chianti ed è sceso a Ponte a Ema per sfilare con reverenza davanti alla casa di Gino Bartali per poi valicare gli Appennini per approdare in Romagna. In questi giorni, Culture Globalist, che lascia la quotidiana cronaca ad altri, dopo aver narrato le gesta di campioni del passato, conclude oggi con l’infinito duello fra Francesco Moser e Giuseppe Saronni.
di Marcello Cecconi
“Saronni non mi prenda per il c…, perché se io mi attacco alla sua ruota non gli faccio più vincere una corsa”. Ecco come si manifestava il duello, non solo in bicicletta, fra Francesco Moser e Giuseppe Saronni in uno dei salotti televisivi del dopo tappa al Giro d’Italia. Era davvero oro colato per i media di quel periodo, e bastava poco per l’intervistatore che aveva ai lati i due campioni: una punzecchiatura e il gioco era fatto. Adrenalina pura della fatica della gara ma anche caratteristiche personali garantivano lo scontro verbale e quell’attenzione morbosa per i tifosi che ormai erano affezionati ai dualismi che Bartali e Coppi avevano esaltato nel prima dopoguerra e che per decenni sono stati il sale del ciclismo e non solo.
Forse quello fra Moser e Saronni è stato l’ultimo dei grandi duelli, ma sicuramente il più vero. C’era proprio un’antipatia personale che nessuno dei due nascondeva e che era facile per i media assecondare contribuendo così ad accalorare le fazioni degli aficionados. Erano gli anni a cavallo fra il ’70 e l’80 e tutto il ciclismo allora ruotava intorno ai due e anche l’organizzazione del Giro d’Italia progettava la corsa, dal punto di vista altimetrico, in modo da far risaltare le qualità dei due che avevano il debole nelle salite più lunghe e dure.
Entrambi avevano avuto ciclisti professionisti in famiglia. Moser era specialista nella crono e grande passista che non aveva paura del pavé tanto da conquistare tre Parigi-Roubaix consecutive. Non gli mancava nemmeno lo spunto veloce anche se, in questo, Saronni gli era nettamente superiore. Il “Beppe”, come tutti chiamavano il piemontese, era così esplosivo che anche negli arrivi in gruppo compatto riusciva a imporsi. I percorsi ondulati erano quelli che meglio si addicevano a far esplodere la dinamite delle sue gambe e rimane indimenticata la “fucilata” con cui riuscì a imporsi nel Mondiale di Goodwood nel 1982.
Moser era il più anziano e atleta di lungo periodo, vinse la prima tappa al Giro e a 23 anni e tramontò tardi, mentre Saronni, più precoce nel vincere la sua prima tappa al Giro a poco più di 20 anni ma anche a concludere la carriera. Moser con 273 vittorie su strada da professionista è ancora oggi il recordman italiano che precede proprio Giuseppe Saronni con 193. Così diversi da poter incarnare la perfezione del dualismo. Moser, quando arrivò in scena Saronni, era già un leader, lo chiamavano “Sceriffo”. Era un capo tradizionale e conservatore e così si sentiva, poi arrivò quel “fjulet” piemontese: più giovane e irriverente, parole taglienti e scatti da lasciar senza fiato. C’è poi quella maledetta maglia rosa che Francesco indossò molte volte ma mai, fino ad allora, all’ultima tappa, quando conta. Nel 1979 sembra la volta buona, ma ecco lui il “Beppe” che si prese l’ardire di batterlo anche in un paio di tappe a cronometro.
Il primo episodio saliente di questo duello si ebbe proprio al Giro del 1979. Nella tappa Treviso – Pieve di Cadore del 2 giugno ci fu la caduta del norvegese Knut Knudsen, in quel momento secondo dietro la maglia rosa Saronni. Nel dopo gara, alla trasmissione televisiva Tutti al Giro, Saronni accusò Moser di non averlo aiutato a guadagnare su Knudsen che era caduto, cosa che, secondo lui, avrebbe dovuto essere automatica poiché nello “Sceriffo”, ormai terzo in classifica, sarebbe dovuto scattare la solidarietà tra italiani. Moser, irritato da tali insistenti e continue provocazioni, controbatteva seccato e le frecciatine fra i due andarono avanti per dieci minuti caricando di tensione l’atmosfera.
Il duello fra Moser e Saronni davanti alle telecamere
Il secondo episodio memorabile, del loro duello, avvenne due anni dopo al Campionato Italiano. Saronni era il campione in carica e da provocatore qual era, prima della partenza, dichiarò alla stampa: “Come al Giro sarà un duello con Battaglin. Mi sono affezionato a questa maglia tricolore e la cambierei solo per quella iridata. Moser? Se volete che sia sincero vi dico subito che non lo temo e non mi preoccupa”. Il ciclista trentino, indispettito, gli rese subito la gara complicata ordinando ai suoi gregari l’attacco senza tregua. Saronni non gradì e i due, per poco, non litigarono a gara in corso. Il “Beppe” affiancando più volte lo “Sceriffo” lo provocò dicendogli di non essere più in grado di andare bicicletta ma ottenne l’effetto indesiderato. Moser non cadde nella trappola della polemica e si concentrò rabbiosamente nella corsa tanto da prendersi una bellissima rivincita. A sette chilometri dal traguardo Moser lo attaccò con forza, lo staccò e gli sfilò la maglia tricolore.