È da secoli ormai che l’uomo, più o meno utopisticamente, immagina uno sviluppo tecnologico tale da migliorare la vita delle persone. Molto spesso, però, quando il sogno delle macchine si realizza è l’uomo stesso a farne le spese e a scoprire, accanto ai beatificati lati positivi, tutti gli aspetti problematici che tali marchingegni portano con sé.
Ecco allora che diventa realtà la chimera dell’intelligenza artificiale. La sua applicazione spazia, ormai, fra i più diversi settori, agevolando il lavoro di alcuni, annullando però quello di altri.
Anche se già da tempo si parla dell’applicazione in campo artistico delle “AI” – si pensi ad esempio a come la copertina di Let’s start here del cantante statunitense Lil Yachty sia stata generata da un’intelligenza artificiale –, l’ultimo caso riguarda lo sfogo della doppiatrice Cristiana Lionello.
Figlia e “sorella” d’arte – sia suo padre che i suoi fratelli sono attori, dialoghisti, doppiatori – ha lamentato l’invadenza di questa tecnologia nel suo settore e il conseguente pericolo per la propria professione. Infatti, con l’avvento di questi strumenti il lavoro dell’attore-doppiatore rischia di diventare obsoleto dato che essi consentono di clonare le voci originali degli attori e trasporle nelle varie lingue grazie ad elaborati algoritmi.
Da qui nascono le preoccupazioni della Lionello che sfociano in un accorato appello. “La tecnologia – afferma, in preda alla preoccupazione, lei che ha prestato le proprie corde vocali a grandi dive come Sharon Tate e Michelle Pfeiffer – è una cosa meravigliosa: ci fa incontrare per telefono, pagare le tasse con un click ma non può uccidere l’essere umano e ancora di più l’arte. L’intelligenza artificiale sul linguaggio doveva servire a scopi medici, a dare voce alle persone che non possono parlare. E invece quello che sta succedendo è che sta rubando lavoro, che stanno clonando le voci degli attori: non so se sia una fake news ma quello che si sente dire è che abbiano clonato anche la voce di Angelina Jolie. E che grazie all’intelligenza artificiale la traduce direttamente in tutte le lingue”.
Questo segnerebbe la fine di una serie di mestieri e professioni legate alle funzioni del doppiatore, come i dialoghisti, volendo fare un esempio. Problematiche anche quelle liberatorie firmate a fine turno che vengono fatte passare per trafile burocratiche ma che rischiano di essere concessioni all’uso della propria voce.
“E’ un allarme – continua – che dobbiamo tenere in seria considerazione: come quando sono nate le tv private. Sembrava una cosa da poco. Invece da allora è cambiato tutto, è nato un nuovo mondo”.
Alla luce di questi rischi, dunque, appare necessario rinnovare il contratto dei doppiatori, ormai “scaduto da 15 anni. Siamo determinati a non farci prendere più per il naso. Vogliamo tutti ricominciare a lavorare ma non siamo disposti a tergiversare ancora: a gennaio la nostra controparte non si è di nuovo presentata e siamo arrivati a fare tre settimane di sciopero. Siamo stanchi di sentir parlare solo di fuffa”.
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