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A Palazzo Citterio in mostra l'Arlesiana di Van Gogh

Il ritratto di Marie Ginoux, un racconto il tormento e la ricerca interiore, simbolo dell'anima inquieta dell'artista, a Palazzo Citterio.

Tre delle versioni del L'Arlesiana
Tre delle versioni del L'Arlesiana
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15 Marzo 2025 - 10.50


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di Lorenzo Lazzeri

Se esiste un dipinto che racchiude il tormento e la poesia di Vincent van Gogh, L’Arlesiana è certamente tra questi, ed è anche una delle opere tra le più eloquenti. Dal 14 marzo fino all’11 maggio, il capolavoro sarà esposto a Milano, a Palazzo Citterio, nell’ambito del ciclo L’Ospite, un’iniziativa che porta nel cuore della città meneghina opere in prestito da prestigiose istituzioni museali.

L’Arlesiana è un ritratto, ma anche molte altre cose una dichiarazione pittorica, un diario intimo, ma anche una tela che incarna l’anima inquieta dell’artista nel suo tentativo disperato di afferrare l’essenza umana attraverso il colore e la forma.

La versione del dipinto che approda a Milano, (ve ne sono numerose, perché il pittore utilizzava spesso le persone del popolo per tentare di catturarne l’essenza. n.d.r.) proviene dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma ed è una delle più celebri tra le cinque principali esistenti, realizzata nel 1890, nel periodo in cui Van Gogh si trovava nell’ospedale di Saint-Rémy-de-Provence.

Il soggetto del dipinto, Marie Ginoux, era la proprietaria del Café de la Gare di Arles che l’artista e Gauguin frequentavano, ed ai suoi occhi essa era un’icona della condizione umana, secondo Van Gogh, una donna assorta, pensierosa, immersa in un universo fatto di introspezione e silenzio.

Van Gogh non cercava il realismo accademico, ma un’espressione più profonda della realtà interiore dove L’Arlesiana è uno dei risultati di questa ricerca; il volto di Marie Ginoux è reso con pennellate nervose e linee nette che ricordano le stampe giapponesi tanto amate dal pittore.

Lo sfondo giallo vibrante, il tavolo su cui la donna poggia il gomito e i libri accanto a lei – particolare presente in alcune versioni del dipinto – non devono essere scambiati per dettagli scenografici, ma elementi simbolici. Il contrasto cromatico tra il giallo e il blu, tra la vivacità dello sfondo e la pacatezza della figura, amplifica il senso di solitudine e di distanza emotiva.

L’importanza del dipinto emerge anche dal confronto con la versione realizzata da Paul Gauguin, che, a differenza di Van Gogh, dipinse Marie Ginoux con un tratto più sintetico e privo della tensione emotiva che caratterizza l’opera dell’olandese.

Per Gauguin, L’Arlesiana era un ritratto stilizzato, quasi decorativo mentre per Van Gogh, invece, era una finestra aperta sull’anima, una confessione fatta di colore. La divergenza tra le due opere evidenza le differenze più ampie tra i due artisti, dove, Gauguin cercava la sintesi e l’armonia, Van Gogh scavava nell’intensità dell’esperienza umana.

Cristina Mazzantini, direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, evidenzia come, nell’ambito dell’accordo di collaborazione avviato con la Grande Brera, la Gnamc abbia concesso numerosi prestiti per la mostra Il Tempo del futurismo, contribuendo al suo successo; in tale contesto, ha spiegato che la galleria offre alla città di Milano questo splendido dipinto, uno dei due Van Gogh presenti nella propria collezione, con l’intento di allargare le possibilità di scambio delle opere tra Roma e Milano e le rispettive istituzioni.

Dall’ospedale di Saint-Rémy, in un viaggio metaforico attraverso il tempo, fino al suo arrivo nella citta meneghina di quest’opera, diviene l’opportunità per incontrare il genio creativo e tormentato di Van Gogh lasciandosi catturare da uno sguardo dipinto che racconta più di mille parole.

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