di Lorenzo Lazzeri
Nel cuore di Siena, dentro le mura di Palazzo delle Papesse, ha preso forma un viaggio che attraversa oceani, deserti, città invisibili e costellazioni: Hugo Pratt. Geografie Immaginarie è la più grande mostra monografica mai dedicata al padre di Corto Maltese, in scena già dall’11 aprile al 19 ottobre 2025, a trent’anni dalla sua scomparsa e nel centenario della sua nascita.
L’allestimento – curato da Patrizia Zanotti e Patrick Amsellem per Opera Laboratori, con la regia spaziale dell’architetto Giovanni Mezzedimi – raccoglie oltre 300 opere originali, tra tavole a china, acquerelli, bozzetti, sculture e installazioni immersive, molte delle quali inedite, provenienti dagli archivi dello stesso autore. L’esposizione si articola su più livelli narrativi, proprio come i fumetti di Pratt, in cui ogni viaggio visibile cela un suo percorso interiore.
Sin dalle prime sale, si coglie l’equilibrio raffinato tra parola e immagine, tra la narrazione esplicita e quella suggerita. Le tavole, costruite con maestria, dialogano con l’osservatore con profondità dialogica che si proietta attraverso la tensione plastica di cui sono cariche, rinunciando, in alcuni casi, all’immagine netta, de-strutturandola in cromatismi e pennellate che lasciano affiorare una percezione figurativa appena abbozzata.
Nei dialoghi, alcune battute colpiscono per la loro eleganza letteraria e la loro sottile finezza, altre per ciò che omettono. Ed ecco che tornano nuovamente i silenzi grafici e non solo che diventano allora veri strumenti narrativi, facendo parlare le espressioni, le posture, gli sguardi, ma più che mai le assenze che si ripetono come una poesia in questo testo. È come se ogni disegno, anche il più incompiuto, contenesse già il seme del racconto e riuscisse a entrare subito in relazione con chi guarda. È il linguaggio visivo come gesto poetico finale.
Questa capacità di far sentire più che mostrare è, dunque, il vero cuore dell’opera di Pratt; egli notoriamente affezionato al bianco e nero per ragioni sia stilistiche sia pratiche, affidava spesso l’acquerellata a collaboratori fidati. Nondimeno, anche qui la coerenza dell’immaginario si mantiene intatta: i colori non tradiscono, ma amplificano. L’acquerello, con la sua trasparenza, rende l’immaginazione più liquida, evocando sogni più che rappresentazioni.
Uno dei momenti più intensi per sognare nella mostra è la sala multimediale, uno spazio immersivo in cui le tavole si animano, fluttuano, si scompongono e si ricompongono sulle pareti e nel suono di una colonna sonora che si fonde perfettamente con il visivo. Le scenografie digitali e le proiezioni a 180 gradi conducono lo spettatore in un viaggio sensoriale che unisce il segno distintivo di Pratt all’esperienza fisica, trasportandolo nei luoghi simbolici del suo universo: Samarcanda, Buenos Aires, Venezia, Addis Abeba, le isole perdute del Pacifico.
Si può, infatti, affermare che nel suo lavoro il sincretismo della pittura assume molteplici aspetti, da quello culturale al narrativo, dal visivo al filosofico. Pratt mescola Oriente e Occidente, letteratura colta e oralità popolare, simbologie esoteriche e realismo politico, religioni e miti, con una disinvoltura che non è superficialità, ma profonda conoscenza assorbita nella sua continua curiosa ricerca attraverso la, sempre in espansione, biblioteca personale.
Corto Maltese può trovarsi in un suk marocchino, su una spiaggia di un atollo polinesiano, in una trincea della Grande Guerra o a dialogare con un rabbino kabbalista, sempre con la stessa naturalezza con cui uno sciamano attraversa mondi di sogno e multiversi.
L’esposizione abbraccia tutto il percorso creativo di Pratt: dalla sua infanzia affascinata dal cinema e dai racconti di avventura, alla passione per gli scrittori viaggiatori come Rimbaud, Kipling e London, fino alla mitologia classica, con L’Odissea citata come il romanzo d’avventura per eccellenza. «Tutti gli avventurieri sono in qualche modo figli di Omero», scriveva. E Corto, con la sua inquietudine elegante, ne è forse il più moderno rappresentante.
Al piano superiore, uscendo dal percorso espositivo, si apre un altro spazio di contemplazione: la terrazza di Palazzo delle Papesse, dalla quale – narra la leggenda – Galileo Galilei avrebbe puntato il suo telescopio verso Giove. Un luogo sospeso, che idealmente collega le mappe stellari di Corto con quelle reali, restituendo il senso più profondo della mostra, un invito alla scoperta, alla visione, al pensiero in viaggio.
A completare il percorso, la mostra ospita anche La Bottega Corto Maltese, con una selezione di oggetti e pubblicazioni curate in collaborazione con Sillabe e Cong Edizioni, e una caffetteria a tema dove gustare sapori ispirati alle geografie prattiane. Non mancano infine laboratori didattici e attività per le scuole, pensati per coinvolgere un pubblico di ogni età.