l settore cinematografico italiano è in piena ripresa, ma un’ombra minaccia di spegnere i proiettori: i previsti tagli al Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo. La salute, seppur precaria, dell’industria è appesa a un filo, come denunciato con forza da Mario Lorini, presidente dell’Anec (Associazione Nazionale Esercenti Cinema), durante le recenti audizioni preliminari sulla Legge di Bilancio 2026.
L’oggetto della seria preoccupazione è l’ipotesi di una drastica sforbiciata al Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo. Le previsioni attuali vedrebbero un taglio da 696 milioni di euro a 550 milioni per il 2025 e un ulteriore crollo a 500 milioni per il 2026. “Di fronte a un comparto stabile, in buona salute, ma fragile,” ha ammonito Lorini, “una riduzione di tale portata non solo per l’esercizio, ma per tutta l’industria, potrebbe causare danni forse irreparabili.”
L’allarme non è infondato, considerando che il settore, dopo il difficile periodo del 2020, è tornato a respirare. Il presidente ha ricordato la rilevanza infrastrutturale e sociale delle sale: in Italia si contano 1.658 cinema attivi con oltre 4.000 schermi. Queste strutture sono gestite in gran parte da circa 750 aziende, prevalentemente microimprese, e danno lavoro a oltre 20.000 persone tra impiego diretto e indotto.
Per quanto riguarda il pubblico, la ripresa è evidente: tra il 1° gennaio e il 31 ottobre, sono stati venduti 50,3 milioni di biglietti, per un incasso complessivo di 358 milioni di euro. Sebbene si registri un leggero calo rispetto all’anno precedente, l’obiettivo è recuperare entro la fine dell’anno, confermando la stabilità del mercato post-pandemia.
Un punto di forza strategico, conquistato grazie anche all’azione congiunta del Ministero della Cultura e delle categorie, è la solida quota di mercato nazionale, che al 31 ottobre ha toccato il 27,1%. Questo dato elevato non solo garantisce stabilità in periodi di minore efficacia delle produzioni estere, ma sottolinea il valore culturale e identitario del cinema italiano. Ma il ruolo delle sale va oltre lo spettacolo: “Non siamo solamente dei luoghi di spettacolo, ma luoghi di aggregazione, presidi sociali,” ha concluso Lorini.
Interrompere il flusso di investimenti necessari per il recupero e la ristrutturazione delle sale, o per sostenere i costi di funzionamento, equivale a mettere a rischio non solo un’industria, ma anche la socializzazione, le abitudini del pubblico e la vitalità commerciale dei centri e delle periferie. L’appello dell’Anec è perciò categorico: si auspica l’integrale ripristino delle dotazioni del fondo per evitare una crisi profonda che vanificherebbe gli sforzi di ripresa compiuti negli ultimi anni.