di Gemma Consolazio
Ci troviamo nel 1972, durante il periodo di contrapposizione politica negli “anni di piombo”. Giancarlo Bizanti, direttore del quotidiano di destra Il Giornale, è incaricato di seguire la vicenda di un omicidio a sfondo sessuale di una giovane ragazza, trovata morta da due ragazzini che tornavano da scuola. Bizanti decide di manipolare le notizie per incastrare un militante di sinistra, strumentalizzando politicamente la vicenda per assicurarsi la vittoria alle elezioni. È la trama del film Sbatti il mostro in prima pagina diretto da Marco Bellocchio nel 1972, dove spicca l’interpretazione di Gian Maria Volonté e oltre a quelle di Fabio Garriba, Carla Tatò, John Steiner e Laura Betti. Il film, com’è evidente, tratta dello stretto legame esistente tra stampa, politica e forze dell’ordine, dimostrando come un giornale di fama nazionale possa manipolare le informazioni per fini politici.
Il piano del direttore ha successo e il cosiddetto “mostro” viene arrestato e condannato sulle prime pagine di apertura del giornale. Alla fine del film il giovane giornalista Rovella informa Bizanti del fatto che il vero colpevole sia il bidello della scuola, il quale ossessionato da lei e geloso delle sue frequentazioni l’ha uccisa e poi molestata. Il direttore decide così di minacciare il vero colpevole, obbligandolo a mantenere il segreto. Nella scena finale si assiste ad un dialogo tra Bizanti e l’Ingegner Montanelli, finanziatore del giornale. I due concordano insieme di mantenere oscura la vicenda fino a quando non verrà svelato l’esito delle elezioni, per decidere in seguito l’eventuale utilizzo.
Il film è incentrato sul giornalismo e in molteplici scene si può notare le pratiche tradizionali di scrittura e di pubblicazione di un giornale: dalle riunioni di redazione per decidere il titolo e le notizie da pubblicare, alla vera e propria stampa del quotidiano attraverso le macchine. Ma non si tratta di un semplice giornalismo informativo, in questo caso il giornale manipola, influenza e crea da solo le proprie informazioni, convincendo l’intera popolazione milanese della colpevolezza del “mostro perfetto” da loro scelto e creato.
Un giornale che, pur davanti all’evidenza, nega la verità in favore del consenso elettorale. Il film di Bellocchio presenta uno stile perfettamente cronachistico che, oltre a gettar luce sulle dinamiche editoriali, ne indaga le dinamiche più oscure mantenendo gli spettatori col fiato sospeso fino alla fine. Sbatti il mostro in prima pagina rappresenta un’importante riflessione sull’utilizzo della stampa in rapporto ad ogni verità, presunta o reale.
All’epoca l’informazione era nelle mani di pochi, che di conseguenza ne avevano totale controllo, tacendo la verità e influenzando l’opinione pubblica. Oggi, con l’avvento della rete e dei social media, tutto è cambiato, facendo emergere la verità più frequentemente, anche se si pone in ogni caso il problema delle fake news. Proprio per questo motivo il film fa riflettere, rimanendo nei temi che tratta prettamente attuale, dimostrando agli osservatori i retroscena della stampa e mettendoli in guardia da ciò che veramente leggono sui giornali.