di Lilia La Greca
Ci vuole un grande coraggio per fare la scelta giusta, soprattutto quando si ha la consapevolezza che quella decisione può riscrivere la storia e far vacillare l’equilibrio stesso del governo statunitense. The Post (2017), diretto da Steven Spielberg, è un film che intreccia rigore storico, tensione morale ed eleganza cinematografica per raccontare uno dei momenti più delicati del rapporto tra stampa e potere politico.
Ambientato nei primi anni Settanta, ripercorre la battaglia del Washington Post per pubblicare i Pentagon Papers, documenti segreti che rivelano decenni di menzogne governative sulla guerra in Vietnam. Spielberg costruisce questa vicenda con un ritmo incalzante, trasformandola in un vero e proprio thriller etico. E, anche se sappiamo come andrà a finire, il film ci tiene incollati allo schermo perché il suo cuore non è nell’esito, ma nel coraggio umano racchiuso nel “come” e nel “perché” i protagonisti decidono di esporsi.
Al centro della storia c’è Katharine Graham, interpretata da una Meryl Streep straordinaria nel restituirne fragilità, determinazione e crescita interiore. Graham eredita la guida del giornale quasi per destino, non per ambizione, e si trova catapultata in un ambiente dominato da uomini che spesso parlano al suo posto, o sopra di lei. Spielberg la racconta come una figura in transizione: da padrona di casa timida e vincolata alle convenzioni sociali dell’alta borghesia a leader consapevole, capace di assumersi rischi enormi pur di difendere un principio democratico fondamentale.
La sua trasformazione è resa con dettagli potenti: il modo in cui entra in stanze piene di uomini che sembrano ignorarla, le esitazioni nella voce quando prova a imporsi, lo sguardo che, scena dopo scena, acquista una sicurezza nuova. La sequenza della telefonata in cui Graham decide di autorizzare la pubblicazione dei Pentagon Papers è il culmine emotivo del film. Streep la interpreta con un’intensità trattenuta ma profondissima, mostrando una donna che supera i propri timori non perché sia priva di paura, ma perché finalmente sceglie di non lasciarsi governare.
Accanto a lei c’è Ben Bradlee, direttore del Post interpretato da Tom Hanks. Se Graham incarna la trasformazione interiore, Bradlee rappresenta la tensione giornalistica pura, il dovere nei confronti dei lettori e della verità. La loro dinamica, a metà tra collaborazione e conflitto, dà spessore al racconto e sottolinea la natura collettiva della scelta che il giornale si trova a compiere.
A livello formale le riprese alternano con grande precisione interni angusti e gremiti di fogli, telefoni e macchine ad esterni ariosi, segnati da colori che richiamano all’epoca senza cadere nel vintage patinato. I movimenti fluidi della camera rendono le scene vive e coinvolgenti per il pubblico che empatizza con i personaggi e vive con loro la tensione.
Il pathos è creato anche dalla colonna sonora grazie alla maestria di John Williams che abbandona lo stile epico e abbraccia note tese e quasi nervose che accompagnano i protagonisti nelle loro emozioni senza mai sovrastare o silenziare.
Al di là di ogni formalismo, The Post è a tutti gli effetti un film indispensabile, soprattutto in un’epoca dove l’indifferenza, per conformismo o per paura, sembra troppo spesso la scelta più semplice. È una visione necessaria ancora di più per chi aspira a fare questo nobile e delicato mestiere perché ricorda una verità incontrovertibile: ”la stampa serve chi è governato, non chi governa”.