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Violenze di genere all'università? Ecco la ricerca svolta da quattro atenei italiani

Ne parliamo con Giovanna Laura De Fazio, responsabile dello studio e professoressa di medicina legale e criminologia presso l’università degli studi di Modena e Reggio Emilia.

Fonte: focus.unimore.it
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4 Giugno 2025 - 11.24


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di Giada Zona

“Understanding gender based violence in italian universities”. È questo il progetto che ha visto la collaborazione di quattro università italiane: Modena Reggio Emilia, Milano, Torino e Roma “La Sapienza”. L’obiettivo è quello di comprendere se, e in che modo, la violenza di genere sia presente nell’ambito accademico. Nel loro studio, gli atenei hanno effettuato anche una distinzione tra violenza verbale e fisica, garantendo una ricerca ancora più approfondita e dettagliata.

Per comprendere meglio il progetto e per scoprire i primi risultati ne parliamo con Giovanna Laura De Fazio, responsabile di questa ricerca e professoressa di medicina legale e criminologia presso l’università degli studi di Modena e Reggio Emilia. 

Da cosa nasce questa ricerca svolta da quattro atenei? 

È nata sulla base di un bando competitivo di tipo nazionale che ha permesso a me e ad altre colleghe di presentare questo progetto. L’idea era quella di estendere la ricerca anche ad altri atenei ma non è stato possibile e adesso stiamo cercando di validare il questionario perché possa essere utilizzato anche per altre indagini in contesti universitari. La revisione della letteratura ci ha permesso di inquadrare il tema a livello internazionale e di lavorare ad un questionario. Quest’ultimo è stato diffuso in tutte le università che hanno partecipato al progetto mirato a rilevare la diffusione delle molestie. Si tratta di qualcosa che non è semplice perché chi ha subito queste forme di violenze non sempre desidera parlarne con altre persone. Tutte le università hanno degli sportelli di ascolto, ma non hanno sempre dato soddisfazione a chi ne aveva bisogno. Stiamo ancora concludendo gli ultimi passaggi perché recentemente sono arrivate altre richieste di partecipazione all’indagine e abbiamo deciso di aumentare il nostro campione. 

Ho visto che la ricerca è ancora in corso. Quando si concluderà?

Si tratta di un progetto triennale che si sta concludendo in queste settimane e ci porterà ad avere un campione di almeno 5000 partecipanti alla survey. Contiamo di avere un campione che, pur non essendo rappresentativo del contesto italiano, è comunque molto consistente e ci permetterà di avere una panoramica del tema nelle nostre realtà.

Quali sono le differenze tra questo studio e altri progetti svolti durante la sua carriera?  

Ho lavorato nel campo delle violenze di genere in contesti familiari e mi sono occupata anche dello stalking, ma questa ricerca rientra in un progetto nazionale più ampio che ha visto la presenza di diversi atenei in un momento storico dove i movimenti studenteschi stanno evidenziando queste questioni. Noi professoresse volevamo approfondire questo tema in linea con i nostri interessi di ricerca e con la nostra sensibilità. Ricordiamo che l’ambito accademico non è esente dalla violenza e dalle molestie. Le proteste studentesche negli atenei hanno contribuito a dare risultati diversi: in alcuni casi c’è stata grande partecipazione da parte della comunità studentesca e anche del personale, in altri invece le università erano meno disponibili a svolgere i questionari perché impegnate in questo momento particolare. Superato  questo periodo abbiamo avuto i primi risultati molto interessanti, anche se il campione non è ancora completo.  

Può dirci qualcosa in merito ai primi dati emersi?  

Ci dicono che anche in ambito accademico le molestie sessuali e le violenze sono presenti e ci confermano che essere donna comporta un rischio maggiore. Inoltre, abbiamo fatto una distinzione tra le molestie fisiche e la violenza verbale ed è emerso che la componente maschile attribuisce meno importanza alla violenza che non prevede un contatto  fisico. Dobbiamo considerare che anche queste sono molestie e dunque non sono di secondaria importanza. Dai primi risultati si evince anche che alcuni e alcune docenti venivano molestati dalla studentessa o dallo studente e questo ha permesso di avere una prospettiva differente dalla vittima. 

Rispetto alle sue ricerche passate, crede che ad oggi ci sia maggiore sensibilizzazione su questo tema o vi sono più sfide da affrontare? 

Credo che ci sia una sensibilità e sensibilizzazione su questo tema, basti pensare ai movimenti studenteschi che, forse, erano impensabili qualche anno fa. Le ricerche svolte fino ad ora ci dimostrano che l’ambiente accademico non è completamente sicuro e protetto. L’università è un luogo che si presta più di altri alle violenze di genere poiché vi sono determinate dinamiche di potere e alcuni studenti e studentesse, in base alle loro situazioni, sono maggiormente esposti a questi problemi. Basti pensare a coloro che provengono dall’estero o ai ricercatori e ricercatrici precari. È emerso anche che studenti e studentesse fuorisede cercano sostegno dall’università anche quando le violenze avvengono fuori dall’ambiente accademico. E ciò è evidente nella nostra esperienza specifica, poiché alcuni studenti hanno chiesto un supporto direttamente a noi docenti. Dobbiamo lavorare su queste tematiche sotto il profilo della prevenzione e sensibilizzazione. C’è ancora tanto da fare.

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