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Vintage, pre-loved e seconda mano: il vecchio che da scarto diviene risorsa

In un’ottica di economia circolare la passione per il vintage come il recupero di vecchi elettrodomestici possono rivelarsi più utili di quanto ci si aspetti. Se questa scelta è guidata dalla consapevolezza. Ma non è solo una scelta dei nostri giorni.

Vintage, pre-loved e seconda mano: il vecchio che da scarto diviene risorsa
Fonte: Ansa.it
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9 Agosto 2025 - 16.32


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di Caterina Abate

“Produci, consuma, crepa”. Lo urlavano dal palco i CCCP a fine anni ’80, negli anni d’oro del consumismo. Oggi che viviamo al contempo in un’epoca di iperproduzione di beni e crisi economica, che esistono isole di rifiuti nell’oceano e i nostri scarti diventano le anti-oasi nei deserti dall’altra parte del mondo (Cile e Kenya), dovremmo osare parafrasare Giovanni Lindo Ferretti e urlare: “Produci meno, ricicla o riusa, sopravvivi!”. E così, in un’ottica più o meno consapevole di economia circolare, il riuso torna ad essere una scelta consapevole. Sono soprattutto i millenials e la gen Z a giovarsene, utilizzando piattaforme come Subito, Vinted e Wallapop per rivendere o comprare abbigliamento ed oggetti pre-loved, romantica definizione anglofona per seconda mano. Nel 2024 la piattaforma Vinted risultava essere il terzo rivenditore online di moda in Europa. Esistono eventi pop up come Vinokilo in cui abbigliamento usato selezionato e rivitalizzato può essere acquistato a peso. Anche da noi in Italia si stanno diffondendo i Repair Café: si portano elettrodomestici guasti da far riparare, si riducono così i raee. Ed ancora, il crescente interesse per gli oggetti di tecnologia ricondizionata sono funzionali alla riduzione dei rifiuti speciali. Il fulcro sta nel binomio risparmio e riduzione dei rifiuti, che può coniugarsi alla possibilità di guadagno, se possiamo rivendere un oggetto che per noi è uno scarto a chi può ancora utilizzarlo.

Nell’abbigliamento il ricorso all’usato, del capo vintage aiuta a limitare la banalità del male della fast fashion: le produzioni a basso costo causano inquinamento da microplastiche e sfruttamento delle falde acquifere nei paesi che ne ospitano le fabbriche.

Anche la televisive si è accorta della passione per il vintage: basato su un format tedesco, in ogni puntata del programma Cash or trash sul Nove vede la partecipazione di un concorrente che porta un oggetto di modernariato, spesso pregno di ricordi, nostalgia e fascino. Dopo la valutazione di un esperto si attende che l’oggetto vintage venga battuto all’asta ed acquistato da uno dei cinque compratori: mercanti d’arte, antiquari, collezionisti.

Eppure riuso e riutilizzo non sono una questione nuova per la civiltà umana. Lo sanno bene gli storici dell’architettura, quando si imbattono in colonne o porzioni di murature d’epoca greca e romana a sostegno di edifici medievali, rinascimentali, barocchi. Non era infrequente tra medioevo ed età moderna grattare quelle che erano ormai considerate vecchie pergamene, in origine anche istoriate, per riscriverle, o riusarle come coperte di altri manoscritti o tomi. 

Come ha raccontato il professor Tedeschini per l’uscita del libro Seconda mano, intervistato da Maurizio Boldrini sempre qui su Culture Globalist, nel passaggio tra trecento e quattrocento, aumentando la popolazione aumentarono anche i beni sul mercato, che con una certa circolarità dai più ricchi passavano ai più poveri. In breve, da uno scarto poteva nascere nuova ricchezza per altri.

Tornando all’oggi, il ricorso all’acquisto dei beni di seconda mano potrebbe rivelarsi utile per arginare crisi economica ed ecologica, ma solo se accompagnato da scelte consapevoli dettate dalla reale necessità. Oggetti che su piattaforme o mercatini hanno costi davvero bassi ci tentano all’acquisto compulsivo, rischiando quindi di produrre ulteriori scarti e ingolfare il percorso virtuoso dell’economia circolare.  

La scelta del vintage e dell’usato, può essere etica solo se ci si approccia con consapevolezza. Come ci insegnano gli antichi. 

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