di Giada Zona
È Pantelleria, isola a metà tra la Sicilia e la Tunisia, la protagonista del libro “Pantelleria l’isola maestra” di Franca Zona, scrittrice e giornalista pantesca. Il libro sarà presentato a Pantelleria il 17 agosto presso la sala conferenze dell’hotel Mursia alle ore 18.
Ricostruendo le vicissitudini passate dell’isola, l’autrice restituisce con un taglio antropologico il quadro della sua genesi, unendo così il presente alle passate intersezioni culturali. Il testo si apre con un forte richiamo letterario e da pochi conosciuto: Gabriel García Márquez, infatti, passò un’estate sull’isola di Pantelleria e rimase particolarmente affascinato dalla bellezza del luogo. Dopo l’incipit letterario, viene ricostruita la storia delle popolazioni che hanno attraversato, e spesso dominato, l’isola: dai Sesioti ai Fenici, dai Bizantini agli Arabi, dai Borboni ai Regnanti d’Italia. Se i Fenici la chiamavano “Yrnm” (isola degli struzzi), per gli Arabi era “Bent el Rhia” (figlia del vento), per i Bizantini “Patalareas” (patella) e così via.
Pantelleria, oggi, è rimasta l’isola del vento che è al contempo vulcanica in quantro vanta di 36 crateri vulcanici, nati in seguito ad eruzioni passate. Nel 2010 è nato il Museo Geo Naturalistico Di Punta Spadillo, dove si possono trovare 50 campioni di rocce e tanti altri aspetti della natura, con la presenza di figure specializzate in questo settore.
Il tentativo dell’autrice è evidente: comprendere l’isola di oggi attraverso la lettura del suo passato. Dai Sesioti che hanno costruito il cosiddetto “Muro Grande” per difendersi da altre popolazioni e vasi particolari per conservare il cibo; ai Fenici che, giunti nel IX secolo a.C., faranno scoprire all’isola e agli isolani il valore dell’agricoltura; ai Romani, con il ritrovamento delle teste imperiali nel 2003. E ancora i Bizantini, che hanno definito la pianta del castello poi completato nei secoli successivi dalle nuove civiltà stanziatisi sull’isola; inoltre oggi è possibile raggiungere le tombe bizantine in quello che l’autrice definisce “uno spazio rurale e verdeggiante di estrema meditazione”.
E poi gli Arabi, che hanno dominato Pantelleria nella sua totalità; dal dialetto pantesco, simile a quello arabo e berbero, all’agricoltura fino al dammuso, la tipica abitazione dell’isola nata da tecniche architettoniche arabe. Il dammuso nel tempo si è adattato a nuovi bisogni dei cittadini mantenendo però la sua originalità e tradizione di quel popolo che ha inevitabilmente sconvolto, e ridefinito, le logiche dell’isola.
E poi i muretti a secco, un insieme di pietre in doppia fila che incorniciano i terreni del posto, e il giardino pantesco, “u jardinu” per gli abitanti dell’isola, che ospita gli agrumi a cielo aperto con un’architettura circolare. Un’evoluzione storica, quella descritta in questo volume, che permette di comprenderne anche la cultura rurale, come il successo del cappero di Pantelleria a cui oggi è dedicato un museo, e la vite ad alberello, spesso in conflitto con le condizioni meteorologiche dell’isola, diventata Patrimonio Immateriale dell’Umanità nel 2014.
In questa ricostruzione non poteva di certo mancare il passito di Pantelleria, già riconosciuto all’estero nel secolo scorso, ottenendo la DOC nel 1971. “Cappero Fest”, “Passitaly” e “Pantelleria Doc Festival” sono gli eventi ricordati dall’autrice, nati per restituire importanza e memoria a quelle tradizioni che hanno reso Pantelleria un’isola affascinante non solo per i suoi paesaggi ma anche per ciò che quei paesaggi, e quella terra, possono donare e offrire. Terra e mare sono i cardini delle ultime pagine del libro: il “Parco Nazionale Di Pantelleria”, che ricopre l’80% della superficie pantesca, è protagonista di un dibattito risalente alla fine del ‘900 ma nasce ufficialmente nel luglio del 2016, nello stesso mese in cui l’isola è stata colpita da un incendio durato quattro giorni. E infine il mare, dall’acqua cristallina e confinato dagli scogli, che custodisce preziose risorse riscoperte grazie a Sebastiano Tusa, archeologo e assessore regionale ai beni culturali, a cui è dedicato il Museo del Mare.
L’ultima riflessione dell’autrice è dedicata a progetti urbanistici sull’isola, in corso e futuri: importante è mantenere la tradizione ma con lo sguardo rivolto anche all’innovazione. E Pantelleria è quell’isola maestra, appunto, in grado di insegnare sempre qualcosa, fonte di ispirazione capace di offrire nuove riflessioni e suscitare nuove emozioni non solo ai visitatori ma anche a coloro che vivono sull’isola da decenni, proprio come l’autrice di questo libro.