di Azzurra Arlotto
“Steen Lee” è il documentario ufficiale di una delle persone più influenti nel mondo dei fumetti e della cultura pop che, dal 16 giugno è disponibile su Disney+, ripercorre la vita di Stanley Lieber dalle origini fino alla fulminea ascesa della Marvel Comics. Il suo autore, David Gelb, ha messo insieme una serie di interviste concesse in oltre novanta anni di carriera, conferenze e apparizioni televisive in cui Stan Lee ripercorre la sua vita, sin dagli inizi, e le sue opere.
Cresciuto a New York durante la Depressione, figlio di immigrati ebrei rumeni, Stan Lee ha ricevuto una dura educazione e, quando ha avuto l’occasione di vivere un sogno, non ha perso tempo. Il legame con la moglie Joan ha influenzato molto il suo cammino, e professionalmente le collaborazioni con Jack Kirby e Steve Ditko hanno dato vita ad alcuni dei personaggi più iconici della Marvel. Un esempio di successo e di realizzazione di un sogno partendo da zero che spinge a riflettere ed è di ispirazione per le giovani generazioni e non solo. Il regista David Gelb regala molte nozioni e curiosità sulla carriera e la vita di Stan Lee che, per un appassionato, è sicuramente un’esperienza emozionante e divertente.
I fumetti hanno fatto parte della sua vita fin dal 1939, anche se all’epoca non c’era molto rispetto per le professioni legate a quel settore. Stanley si è appassionato alla grande letteratura a soli nove anni e quando ne aveva diciassette, a causa di problemi economici in famiglia, ha iniziato a lavorare nel mondo dell’editoria, grazie all’aiuto dello zio. Qualche anno dopo, nei primi anni Sessanta riceve una direttiva da Martin Goodman, editor della società che stava per essere ribattezzata Marvel che gli ordina di formare una squadra di supereroi in grado di competere con la Justice League della Dc Comics.
In quel periodo Stan Lee è restio ad accettare l’incarico, ma la moglie insiste e gli suggerisce di creare dei personaggi più realistici di quelli che all’epoca popolavano il mondo dei fumetti, con cui la gente avrebbe potuto identificarsi “creando personaggi in cui potersi immedesimare, persone come noi che acquisiscono superpoteri e che anche come supereroi commettono errori molto umani”. La prima idea è quella dei Fantastici Quattro, personaggi con un po’ di angoscia che fanno i conti con problemi ordinari: litigano, nutrono la loro rabbia e si preoccupano di cose come pagare l’affitto o hanno problemi di autostima.
In quegli anni i ragazzi venivano spesso etichettati negativamente da una società borghese conservatrice, e Lee spiega: “volevo un adolescente che diventasse un supereroe un ragazzo introspettivo, che si chiede il perché delle sue azioni”. L’artista era sempre più cosciente anche dell’impatto sociale dei fumetti, e oltre al supporto dei diritti civili con Black Panther, si schiera negli anni della guerra in Vietnam per il pacifismo e l’antimilitarismo con Iron Man e nel 1971, accogliendo un invito della Dipartimento per la Salute, Educazione e Assistenza Pubblica, inserisce in Spider-man una storia sui pericoli dalle dipendenze dalla droga, attraverso la vicenda di un amico dell’Uomo ragno che diventa tossicodipendente.
Con il suo esercito di supereroi Steen Lee ha conquistato il pubblico di tutto il mondo passando tutte le generazioni, dai più grandi ai più piccoli. Nel documentario in questione, attraverso le sue stesse parole si porta sullo schermo un universo di storie che vanno a delineare il ritratto intimo e artistico di un uomo con una filosofia di vita ben precisa che ha lasciato una impronta chiara e profonda nel mondo del cinema e nella cultura pop in generale, di un artista anticonformista ma anche di un imprenditore brillante.