Quegli schemi incorniciati con quadratini bianchi e neri contrassegnati da numeri, accompagnano la vita di molti di noi; più banalmente sono i cruciverba o parole crociate. “Al lettore non bastano più le sole notizie, vuole fumetti, concorsi, rebus…” sentenziava Humprey Bogart, direttore di The Day, nel famoso film del 1952, L’Ultima Minaccia. E così sia.
Infatti i famosi “passatempo”, quelle intuizioni creative con cui alcuni personaggi si erano messi al centro dell’attenzione delle serate ludico culturali dei salotti borghesi dell’Ottocento, son diventati contenuti tipografici. Sono serviti a rimpinguare le casse asfittiche di tanti editori, piccoli e grandi, che hanno cercato di ampliare la propria cerchia di lettori anche in classi sociali meno avvezze alla stampa quotidiana.
Pur essendoci stati tentativi precedenti, è stato convenzionalmente riconosciuta al New York World quotidiano edito a New York dal 1860 al 1931, la paternità della prima vera pubblicazione. Esattamente 110 anni fa, il 21 dicembre 1913, pubblicò un gioco denominato “word-cross puzzle” realizzato da Arthur Wynne, giornalista di Liverpool.
Il gioco non andò direttamente sul quotidiano ma sul suo supplemento domenicale “Fun”. Aveva ancora la forma di losanga senza le caselle nere, quest’ultime introdotte solo successivamente per dare la possibilità di avere più definizioni sulla stessa linea. Da allora il nome del gioco cambiò in “Crossword”, un neologismo che finì in un dizionario per la prima volta nel 1930.
In Italia, anche se c’erano già stati tentativi incompleti come quello del 1890 sull’inserto domenicale del quotidiano Il Secolo, il primo vero cruciverba apparve l’8 febbraio del 1925 sulla Domenica del Corriere. Il titolo: “L’indovinello delle parole incrociate”. Ma il grande successo in Italia arrivò con La Settimana Enigmistica, il cui primo numero uscì il 23 gennaio del 1932 in 6mila copie, al prezzo di 50 centesimi di lira l’una. Come riportava la copertina dei primi 10 anni di produzione è “il più economico e dilettevole passatempo”.
Insieme ai quotidiani, ai fotoromanzi, ai fumetti, alla radio e alla televisione del secondo Dopoguerra, anche La Settimana Enigmistica fu uno degli strumenti dell’alfabetizzazione e dell’acculturazione del Paese. Sull’onda del suo successo sono nate infinite esperienze editoriali e ampliato lo sfruttamento sui quotidiani in cerca di “popolarizzazione”, a cominciare proprio dal classico esperimento de Il Giorno di Baldacci nel 1956.
Con la nascita della televisione commerciale degli anni Ottanta il passatempo si è trasformato anche in format televisivo invadendo palinsesti affamati di ogni tipo di spettatore da riempire di messaggi pubblicitari, poi anche in rete come tutto, ma con meno fortuna.
Dai tentativi enigmistici sfiziosi di alta cultura a quelli più popolari, di certo resta un passatempo e, come tale, ha bisogno dei suoi riti. Sono quei momenti in cui riduciamo l’intensità di vita e, come dire, ci mettiamo in attesa di vivere e, per questo, il cartaceo continua a comandare. Lo vediamo nelle sale d’attesa dal dottore, in treno, sotto l’ombrellone o altrove.
L’ha capito anche Umberto Cairo che dal 2016 ha arricchito la vastissima produzione dei suoi periodici popolari con due riviste settimanali di enigmistica, Enigmistica + e Enigmistica Mia con lo slogan mission aziendale “Cairo Editore. La passione per la qualità”. Buon compleanno cruciverba.