O troppa o troppo poca: la drammatica situazione delle acque (e dei terreni) italiani | Culture
Top

O troppa o troppo poca: la drammatica situazione delle acque (e dei terreni) italiani

In troppi pensano che gli effetti più nefasti del cambiamento climatico siano qualcosa di futuro. Tuttavia basta guardarci indietro per notare come, già oggi, i danni arrecati all’ecosistema compromettano le nostre vite.

O troppa o troppo poca: la drammatica situazione delle acque (e dei terreni) italiani
Preroll

Agostino Forgione Modifica articolo

29 Agosto 2024 - 18.21


ATF

Tragicomico a dirsi ma abbiamo troppa acqua salata e troppo poca dolce. È questo l’estremo sunto di quanto sta accadendo in Italia e, con le dovute differenze, in tutto il resto del mondo. Il primo caso è imputabile all’innalzamento del mare mentre il secondo ai fenomeni di desertificazione verso cui, purtroppo, il nostro paese sta andando incontro. Entrambi figli, inutile sottolinearlo, del cambiamento climatico.

Secondo i dati diffusi da Greenpace Italia tutte le nostre regioni, ad eccezione della Valle d’Aosta, sono più povere d’acqua rispetto 30 anni fa. Un dato scoraggiante che diventa più che allarmante in alcuni casi: in Sicilia, negli ultimi quattro inverni, l’acqua superficiale è calata del 2% sempre rispetto l’ultimo trentennio. Un numero che può sembrare piccolo, ma che in realtà è enorme considerato come le piante possano attingere solo al 15% di tali acque. Non è un caso, a tal proposito, come ben il 28% dei terreni italiani sia a rischio di degrado e desertificazione e il 17,4% lo sia già. Oltre alla desertificazione, infatti, a minacciare il nostro comparto agricolo ci sono anche fenomeni di salinizzazione, erosione e inquinamento.

Se il cambiamento climatico sta facendo piovere sempre meno, purtroppo sta portando a precipitazioni sempre più violente e concentrate. Tutto ciò, unito alla scellerata cementificazione delle nostre città, inevitabilmente conduce alle numerose alluvioni di cui la cronaca è testimone. Altro annoso problema che ci tocca è poi quello della dispersione idrica. Sembra un controsenso ma, nonostante la situazione già precaria di suo, la nostra rete idrica fa letteralmente acqua da tutte le parti: ben il 42% viene persa a causa di tubature fatiscenti che in alcune zone risalgano al periodo post-unitario. Una delle percentuali più alte d’Europa. Tale numero tocca addirittura il 65% in Basilicata e il 62% in Abruzzo. E come se non bastasse, sebbene l’Italia sia il terzo stato europeo per presenza d’acqua è quello con il consumo pro-capite più alto e il secondo in ambito agricolo. Una vergognosa inefficienza che costringe, soprattutto nel mezzogiorno e nel sud, al razionamento idrico nei periodi più caldi.

Come premesso alla mancanza – e allo spreco – di acqua dolce si accosta una crescente erosione costiera. I dati raccolti negli ultimi decenni mostrano come il livello dei mari che circonda l’Italia si stia alzando dai 2 ai 3 millimetri all’anno. A riguardo può essere utile prendere in esame l’ultimo report dell’Ipsra – l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – sullo stato delle nostre coste. Il documento evidenzia come su 644 comuni costieri ben 54 abbiano visto una perdita del loro territorio, circa 1 su 12. Di questi 22 sono soggetti a un’erosione su un tratto compreso tra il 50% e il 60% del litorale, 16 tra il 60% e l’80%, 8 tra il 70% e l’80% e 7 addirittura oltre il 90%. Numeri raccapriccianti, nonostante tutte le opere di difesa costiera attuati. Il ripascimento degli arenili, ovvero la pratica più comune che consiste “nell’allungare” la spiaggia grazie alla posa di nuova sabbia, ha per lo più durata esigua e limitata. Una sorta di “toppa” che pesa sulle tasche dei contribuenti italiani senza rappresentare una valida soluzione.

Quelli sommariamente presentati sono dati che dovrebbero condurci a una maggiore consapevolezza circa l’importanza di una risorsa purtroppo spesso data per scontata. Sebbene le nuove generazioni sembrano disporre di una maggiore consapevolezza e interesse verso il tema, ancora in troppi ignorano la sua portata. Di certo seri interventi infrastrutturali sono necessari e cogenti, ma c’è bisogno che ognuno di noi rifletta sulle conseguenze che le proprie azioni riverberano su di sé e sugli altri. Il fatico bivio si fa sempre più vicino, sta a noi scegliere se proseguire lungo la via del tracollo.

Native

Articoli correlati