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Mafia, individualismo e lotta

Peppino Impastato nelle parole di Salvo Vitale e Faro Di Maggio. Una riflessione nata dall'iniziativa promossa dall'associazione studentesca senese Cravos.

Mafia, individualismo e lotta
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17 Gennaio 2025 - 18.57


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di Arianna Scarselli

Questo articolo nasce dalle riflessioni che sono state condivise durante una conferenza che si è svolta il 14 gennaio 2025 all’Università di Siena dal titolo Sulla lotta alla Mafia organizzata dall’associazione studentesca Cravos con ospiti Salvo Vitale e Faro Di Maggio: due persone che hanno dedicato la vita a mantenere viva la figura di Peppino Impastato e a lottare giorno per giorno contro la Mafia.

Avete presente quel vento forte, pungente, che alza la sabbia e la terra e non dà tregua; quel vento che screpola le labbra e punge la pelle. La Mafia a volte sembra questo, un nemico con un nome ma non un volto, implacabile, esiste e puoi solo rassegnarti a questa presenza. Un nemico che anche se non lo vedi è lì, negli appalti pubblici, infiltrato nella magistratura e nelle istituzioni, ovunque. Puoi provare a ignorarlo ma sai che esiste. Peppino
Impastato è stato ucciso perché stava dimostrando che invece la Mafia può essere sconfitta.

La Mafia, e in generale il crimine organizzato, vince quando noi per primi ci isoliamo. Il problema è che oggi ci piace tanto questo castello di solitudine, stare arroccati sui nostri pregiudizi e convinzioni, sentirci attaccati sul personale se veniamo corretti; l’individualismo è la prima vittoria delle mafie.

L’idea che possiamo vincere solo da soli è specchio dei tempi: abbiamo lasciato le piazze, i circoli, le associazioni sono stanzoni di sedie vuote e vecchi tavoli polverosi. In un mondo che sempre di più ci chiede di abbandonare la nostra umanità per l’efficienza e la produzione noi dovremmo essere uniti, dovremmo discutere di politica, di ambiente, di istruzione, cultura e altre cento cose ancora. L’istruzione specialmente è la chiave: studiare, capire, essere in grado di analizzare criticamente un testo o una situazione è un potere enorme e accessibile a tutti, perciò è così temuto.

Negli anni Settanta viene liberalizzato un mezzo di comunicazione che avrà un ruolo chiave nella lotta portata avanti da Peppino Impastato: la radio. È il 1977 quando lui e i suoi compagni fondano “Radio Aut” che è stato un progetto politico servito a denunciare le azioni dei mafiosi in Sicilia, quella terra ormai abbandonata dalla grande politica e dalla cittadinanza stessa. Il programma più seguito era Onda Pazza, un programma che utilizzava
come linguaggio primario la satira. Sono le prese in giro, gli sbeffeggi e le risate che la Mafia inizia a temere.

Peppino non è un santo. Peppino non è un eroe. Peppino era un comunista. Peppino era come noi, un uomo comune, uno fra tanti. Era figlio di un mafioso ma si era dato come scopo di vita combattere la Mafia a casa sua, a Cinisi, in Sicilia. Peppino è partito da zero, anzi forse da meno uno, proprio per via della famiglia da cui
proveniva ma non si è mai fermato. Ha iniziato a osservare, ad ascoltare e a muoversi, a contare e camminare senza più fermarsi.

E infatti sono stati loro a doverlo fermare. Peppino è stato rapito, pestato e fatto saltare col tritolo nella notte fra l’8 e il 9 maggio 1978 e dalla mattina dopo è iniziato il depistaggio. Si sente parlare del militante e candidato di Democrazia Proletaria che, nel preparare un attentato terroristico alla ferrovia, ha sbagliato e si è fatto esplodere. Peppino il terrorista. I compagni che lo hanno difeso, che hanno denunciato pubblicamente l’assassinio e il depistaggio perpetuato dalle forze dell’ordine, dalla magistratura e dalla stampa vengono accusati di complicità.

Cinisi, terra di mafiosi e terroristi, un quadro strano. Tutti sapevano la verità ma nessuno (al di fuori dei compagni di Peppino) ne parlava. Il problema è che finchè non lo diciamo ad alta voce non diamo credito a ciò che pensiamo. Quando i compagni di Peppino hanno preso i megafoni e gli striscioni e la gente ha iniziato a seguirli la Mafia ha capito (anche se probabilmente non compreso appieno) che qualcosa stava cambiando, che si era messo in moto qualcosa di più grande. Si stava sviluppando una nuova coscienza per la quale non si poteva più stare zitti. Per questo la conoscenza e il dialogo sono le prime armi per combattere; la magistratura è importante, le istituzioni sono importanti ma ogni grande lotta nasce dal basso, nasce dalle piccole azioni di tutti noi. Possiamo delegare questa lotta e sperare oppure schierarci tutti insieme, un fronte unito. Combattere la Mafia è combattere per il nostro futuro.

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