La lunga vita di Bergoglio prima di salire al soglio pontificio

Con radici piemontesi-liguri inizia il noviziato come gesuita a Buenos Aires nel 1958 dopo una polmonite che gli costa l’asportazione di una parte del polmone.

La lunga vita di Bergoglio prima di salire al soglio pontificio
L'arcivescovo Bergoglio in visita in una delle "villas miserias", le baraccopoli di Buenos Aires (Ansa)
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21 Aprile 2025 - 10.32


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di Marcello Cecconi

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Jorge Mario Bergoglio, noto al mondo come Papa Francesco, nasce in Argentina, primo di cinque figli, nel grande quartiere di Flores a Buenos Aires. Il padre, Mario José, come molti italiani era arrivato in Argentina a cercare fortuna nel 1928 e trovato lavoro come impiegato nelle ferrovie. Qui incontra e sposa Regina María Sívori. Tutte le radici familiari, compreso quelle della madre, affondano in Italia: Piemonte e Liguria.

Durante l’infanzia, Jorge Mario è profondamente influenzato dalla nonna paterna, Rosa, che gli trasmette una solida formazione religiosa mentre dalla madre eredita la passione per la lirica. Quando mamma Regina Maria, dopo l’ultima gravidanza, resta paralizzata tocca a Jorge sostituirla in cucina, un’esperienza che gli tornerà comoda decenni dopo, quando da vescovo, riluttante al lusso dell’episcopio, si sentiva a suo agio in un modesto appartamento nel cuore della capitale argentina.

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A sedici anni, durante gli studi di tecnico chimico, lavora per un periodo in un laboratorio chimico dove entra in contatto con colleghi di diverse convinzioni politiche e religiose. La direttrice di quel laboratorio è Esther Ballestrino de Carega, la storica militante comunista di Buenos Aires che sarebbe divenuta anche una delle leader delle “Madri di Plaza de Mayo” che dall’aprile del 1977 chiedevano a gran voce notizie dei loro figli fatti sparire dalla polizia politica del regime militare del Generale Videla. Esther fu arrestata e, insieme a due suore francesi, gettata in Oceano da un aereo e il cadavere recuperato mesi dopo su una spiaggia argentina. 

L’ammirazione per questa donna comunista, da parte di Bergoglio, è per l’esemplarità manifestata nel laboratorio dove Esther svolge attività dalle sette del mattino alle otto di sera. E Bergoglio non ha mai nascosto simpatia né verso di lei né verso tanti altri militanti rivoluzionari latino-americani, una simpatia non solo umana ma anche ideale nella condivisione della critica a un certo capitalismo e soprattutto alla presenza del capitalismo degli Stati Uniti in America Latina.

Infatti, anche da vescovo e poi da cardinale, Jorge Mario non rifiuta di sottoscrivere prefazioni a opere di pensatori di area peronista estremamente critiche nei confronti dell’american way of life e del ruolo del grande capitalismo statunitense in America Latina. Ma la simpatia, mai venuta meno, è limitata a quegli spiriti rivoluzionari che certamente non si arricchivano con la rivoluzione o il partito, ma che lavoravano duramente e pagarono di persona come accaduto per la povera Esther. Bergoglio, in realtà, non ha mai ammesso partecipazione romantica alla rivoluzione e accondiscendenza teorica e pratica all’ideologia comunista.

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A 21 anni, dopo il diploma di tecnico chimico, sceglie il sacerdozio entrando nel seminario di Villa Devoto. Lì, nell’agosto del 1957, un’epidemia di influenza asiatica colpisce duramente l’istituto e tutti i seminaristi si ammalano, ma mentre i suoi compagni guariscono nel giro di pochi giorni, il giovane Jorge Mario peggiora progressivamente. La febbre alta non accenna a diminuire e i rimedi tradizionali del medico del seminario allora non sono sufficienti. Si rende necessario un intervento per drenare il liquido dai polmoni e la rimozione di una parte di essi, affinché Bergoglio riesca ad uscire dal rischio mortale e iniziare un lungo processo di guarigione. 

Appena guarito, nel marzo 1958, Bergoglio inizia il noviziato nella Compagnia di Gesù. Viene spedito successivamente in Cile per gli studi umanistici e, nel 1963, torna in Argentina, dove si laurea in filosofia presso la Facoltà di Filosofia del Collegio Massimo “San José” di San Miguel. Tra il 1964 e il 1966, insegna letteratura e psicologia nei collegi dell’Immacolata di Santa Fe e del Salvatore di Buenos Aires. Successivamente, dal 1967 al 1970, studia teologia presso la stessa istituzione, conseguendo la laurea. Sarà ordinato sacerdote il 13 dicembre 1969 dall’arcivescovo Ramón José Castellano.

Dopo l’ordinazione, Bergoglio continua la sua formazione gesuita, compiendo il terzo probandato (l’ultima parte della formazione gesuita) ad Alcalá de Henares, in Spagna, nel 1970-1971, e pronuncia i voti perpetui il 22 aprile 1973. Rientrato in Argentina, ricopre vari incarichi: maestro dei novizi a Villa Barilari, San Miguel (1972-1973), professore presso la Facoltà di Teologia, consultore della Provincia e rettore del Collegio Massimo. Il 31 luglio 1973, a soli 36 anni, l’importante riconoscimento come “provinciale” per l’Argentina, ruolo di grande rilievo fra i gesuiti che mantenne per sei anni.

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Nel 1980, Bergoglio diviene rettore del Collegio Massimo e delle Facoltà di Filosofia e Teologia di San Miguel, oltre a servire come parroco nella parrocchia del Patriarca San José. Nel marzo 1986, si reca in Germania per completare la sua tesi dottorale. Al suo ritorno in Argentina, viene assegnato al Collegio del Salvatore e successivamente spedito alla chiesa della Compagnia di Gesù a Córdoba, dove svolge il ruolo di direttore spirituale e confessore. Quest’ultima destinazione è da considerare come una punizione, una specie di esilio poiché sono gli anni in cui tra i Gesuiti sudamericani è di moda la “teologia della liberazione” di impronta marxista, cosa che Bergoglio non accetta perché non vede accettabile un comunismo latino-americano sempre più vicino all’Urss e disperdente l’anima latina e cattolica, per lui imprescindibile.

Sarà il cardinale Quarracino a richiamarlo e volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale ed è subito nominato vicario episcopale della zona Flores e il 21 dicembre 1993 diviene vicario generale. C’è poco da sorprendersi se il 3 giugno 1997 viene promosso arcivescovo coadiutore di Buenos Aires. Passati neppure nove mesi, alla morte del cardinale Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell’Università Cattolica.

Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del titolo di San Roberto Bellarmino. Nell’ottobre 2001 è nominato relatore generale aggiunto alla decima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata al ministero episcopale. Intanto in America latina la sua figura diventa sempre più popolare. Nel 2002 declina la nomina a presidente della Conferenza episcopale argentina, ma tre anni dopo viene eletto e poi riconfermato per un altro triennio nel 2008. Intanto, nell’aprile 2005, partecipa al conclave in cui è eletto Benedetto XVI.

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Come arcivescovo di Buenos Aires pensa a un progetto missionario incentrato sulla comunione e sull’evangelizzazione. Quattro gli obiettivi principali: comunità aperte e fraterne; protagonismo di un laicato consapevole; evangelizzazione rivolta a ogni abitante della città; assistenza ai poveri e ai malati. Invita preti e laici a lavorare insieme. Nel settembre 2009 lancia a livello nazionale la campagna di solidarietà per il bicentenario dell’indipendenza del Paese: duecento opere di carità da realizzare entro il 2016. E, in chiave continentale, nutre forti speranze sull’onda del messaggio della Conferenza di Aparecida nel 2007, fino a definirlo «l’Evangelii nuntiandi dell’America Latina».

Durante il suo servizio come arcivescovo e cardinale, Bergoglio continua a vivere in modo modesto, usando mezzi pubblici per muoversi e occupando un modesto appartamento anziché il palazzo episcopale. La sua dedizione ai poveri e agli emarginati di Buenos Aires è una costante nel suo ministero, come dopo la crisi del 2001 quando il 45% della popolazione cade in povertà e senza più un lavoro regolare né tutele sociali tanti scelgono di inventarsi un lavoro. Un esempio sono i cartoneros, gli abitanti delle villas miserias (le baraccopoli poverissime di periferia), che andavano la sera nei quartieri del ceto medio a frugare nell’immondizia per cercare cartone e metallo da riciclare. 

Le Villas miseria, sono al centro della missione pastorale di Bergoglio. Visita regolarmente queste comunità, celebrando messe, offrendo supporto spirituale e materiale, e ascoltando le storie di vita dei residenti. Collabora strettamente con i “curas villeros”, i preti che operano nelle baraccopoli, sostenendo iniziative per combattere la povertà, la droga e la violenza. Questa vicinanza al popolo gli vale grande affetto e rispetto nella comunità locale e la sua attenzione ai poveri e il suo impegno per la giustizia sociale lo rendono una figura prominente non solo in Argentina, ma anche a livello internazionale.

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“Fratelli e sorelle buonasera, voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma e sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo alla fine del mondo…ma siamo qui”: sono queste le prime parole di Papa Francesco. Era il 13 marzo 2013, dopo la rinuncia di Papa Benedetto XVI, Jorge Mario Bergoglio, argentino, 76 anni, gesuita, è il 266esimo Pontefice nella storia della Chiesa e anche il primo papa sudamericano.

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