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L'associazione "Mi riconosci": «Nella cultura troppi volontari invece di professionisti»

L'archeologa Lunardon: "Ogni settimana tre bandi cercano volontari mentre migliaia di laureati sono precari o disoccupati"

L'associazione "Mi riconosci": «Nella cultura troppi volontari invece di professionisti»
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1 Marzo 2019 - 16.55


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Troppi volontari nel mondo dei musei, delle biblioteche, dei luoghi di cultura spesso nascondono la necessità di coprire vuoti e di avere lavoro senza pagarlo? Sì, sostiene un’associazione di natali recenti, “Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali”: ha sollevato un interrogativo che può infiammare più di una istituzione Ester Lunardon, archeologa che ha lavorato in Inghilterra, in cantieri di scavo, ed ora è per il momento supplente a scuola. L’esistenza stessa di un simile gruppo è spia di un problema complessivo di sbocchi di lavoro per una gran massa di giovani.

La professionista ha portato a galla il dilemma a “Tourisma 2019” , manifestazione di archeologia e turismo culturale organizzata annualmente dalla rivista Archeologia Viva a Firenze. Ester Lunardon ha chiesto e preso la parola a “Il bene nostro. Stati Generali della gestione dal basso del patrimonio culturale”, appuntamento che ci risulta senza precedenti organizzato dall’archeologo e docente a Foggia Giuliano Volpe. L’incontro ha messo a confronto rappresentanti di luoghi gestiti “dal basso”, di associazioni oltre che di fondazioni da cui è scaturito un documento per dare forza a un universo magmatico e vitale (qui il link al documento su Facebook).

I volontari della cultura però spesso svolgono un ruolo sociale, fanno partecipare persone che altrimenti assistono dall’esterno o restano lontane, permettono di coinvolgere cittadini. Coprono carenze? Aiutano istituzioni ed enti alle prese con magri bilanci a organizzare appuntamenti o semplicemente ad aprire luoghi d’arte. «Non ce l’abbiamo assolutamente con i volontari né con il volontariato che è positivo e utile nella società – rivendica l’archeologa – Critichiamo invece il suo uso sostitutivo di professionisti che caratterizza in modo molto marcato la gestione dei beni culturali e si ritrova in tanti settori: invece di assumere personale qualificato si preferisce ricorrere a associazioni di volontariato tramite convenzioni, sulla scorta dell’idea che lavorare con la cultura è un hobby che può fare chiunque senza particolari competenze. Noi denunciamo questo a fronte di migliaia di laureati in stato di precariato, disoccupati o sottoimpiegati».

Quanti sono i volontari impiegati da istituzioni? «Tra enti locali e statali contiamo che ogni settimana vengono banditi tre bandi in cui cercano volontari per musei, aree archeologiche, biblioteche, archivi – spiega Ester Lunardon – Quantificare i numeri è difficile, ma un mese fa il rapporto Istat più recente, sugli istituti museali nel 2017, riferisce che nei musei pubblici e privati ci sono circa 11mila volontari tra musei pubblici e privati su un totale del personale di 38mila operatori. Per noi è un dato problematico: è un censimento Istat ma altri dati indicano cifre molto più elevate, infatti riteniamo che i volontari siano molti di più e quella cifra riguardi quelli regolarmente presenti nei musei».

L’emendamento. Come associazione, segnala l’archeologa, hanno proposto «un emendamento alla legge Ronchey del 1993 sui musei per porre limiti al volontariato e presentato alla Camera nella precedente legislatura» e afferma che il confronto con il Ministero dei beni e attività culturali è aperto.

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