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Schiavi e schiave: come i migranti finiscono nell’inferno italiano

A Marsala una “summer school” sulla tratta di uomini e donne, anche giovanissime. Thomas Casadei: il no alle richieste d'asilo porta alla clandestinità

Schiavi e schiave: come i migranti finiscono nell’inferno italiano
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26 Agosto 2019 - 14.54


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Molti italiani “brava gente” non esitano a ridurre in schiavitù immigrati che minacciano e ricattano, di solito perché non hanno documenti a posto e spesso perché quegli stessi italiani glieli hanno sottratti. Affronta tra l’altro la schiavitù praticata in molte zone della penisola e la tratta delle ragazze costrette a prostituirsi la “Summer School Dems-Unipa di Marsala 2019”: l’appuntamento  è organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali Dems dell’Università di Palermo grazie a una collaborazione istituita nel 2016 con il Comune di Marsala. Si tiene da oggi 26 agosto al primo settembre, la dirige Giorgio Scichilone, docente di Storia delle istituzioni politiche, e offre a studenti, laureandi e dottori di ricerca l’incontro con esperti. Partecipano tra gli altri Maria Carmen Barranco dell’Instituto de Derechos Humanos Bartolomé de las Casas dell’università “Carlos III” di Madrid), Massimo Bray, presidente della Treccani, Giuseppe Pignatone, magistrato, già Procuratore capo Procura di Roma).

Thomas Casadei dell’ateneo di Modena e Reggio Emilia, professore associato di Filosofia del diritto, di Teoria e prassi dei diritti umani e di Informatica giuridica, alla Summer School mette a disposizione un suo saggio in corso di pubblicazione in castigliano: “Migrazioni e tratta di esseri umani: uno sguardo a partire dal mar Mediterraneo”. Parte da una premessa: «Dall’inizio del 2019 sono 19.830 i migranti e rifugiati entrati in Europa via mare, circa il 30% in meno rispetto ai 28.325 arrivati nello stesso periodo dell’anno scorso. Gli arrivi in Spagna (7.666) e in Grecia (9.430) rappresentano l’86% di tutti gli arrivi. Al 22 maggio scorso in Italia erano stati registrati 1.361 arrivi, a Malta 393 e a Cipro 980. Secondo i dati della Ong olandese “United for Intercultural Action”, che dal 1993 censisce le morti sulla rotta verso l’Europa, i migranti morti nel Mediterraneo dal 1993 al 5 maggio 2018 sono 34.361: si tratta delle sole morti documentate, il numero reale stimato è sensibilmente maggiore […] Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), oltre 500 migranti e rifugiati hanno perso la vita nel Mediterraneo dall’inizio del 2019 mentre tentavano di raggiungere l’Europa. Le vittime potrebbero però essere anche di più, considerata la scomparsa delle navi delle Ong dalle acque al nord della Libia: molte tragedie possono essersi consumate senza che se ne abbia avuta informazione, o almeno informazione completa».

Essere stranieri irregolari significa non avere accesso a numerosi diritti sociali, un lavoro regolare e riconosciuto, prima di tutto, il che rende i migranti vulnerabili e li espone ai soprusi, ricorda Casadei nel suo saggio. Nel quale riprende qualche episodio significativo di soprusi. Come la vicenda di un’intera famiglia, italiana, con più fabbriche, ricatta e riduce in semi schiavitù un gruppo di bengalesi con la menzogna e dopo aver sottratto loro il passaporto. Casadei riprende ad esempio una sentenza del tribunale di Napoli dell’11 luglio 2017 e scrive: «La vicenda esaminata vede coinvolti alcuni cittadini del Bangladesh, reclutati nel loro Paese d’origine con la falsa promessa di un impiego ben remunerato presso alcune imprese tessili italiane di proprietà di un loro connazionale. Stando alla ricostruzione operata in sede processuale, l’imputato principale, coadiuvato dalla moglie e dal padre, procurava agli stranieri un nulla osta per lavoro subordinato che le vittime pagavano a caro prezzo. Una volta entrati in possesso della documentazione necessaria, i cittadini bengalesi organizzavano autonomamente il loro viaggio verso l’Italia e, al loro arrivo, venivano prelevati all’aeroporto, privati dei loro documenti e condotti in alloggi destinati ad ospitare altri lavoranti impiegati nelle medesime fabbriche, alcune di proprietà del datore di lavoro ed altre fittiziamente intestate a suoi familiari».

Casadei mette insieme tasselli che spesso conducono in buco senza fondo anche i minori. «Chi ottiene un permesso per minore età, infatti, rischia di non vederselo rinnovato, anche se ne avrebbe diritto. Capita spesso, infatti, che la struttura non faccia richiesta di un apposito parere al comitato per i minori, come invece impone di fare la legge. Una complicazione in più, che sembra fatta apposta per consegnare i giovani alla clandestinità. Con tutto quello che questo può significare, ancora una volta, per il ricco mercato della tratta degli esseri umani. Un inquietante aspetto della tratta dei minori è, del resto, che molti ragazzini e ragazzine, una volta entrati in Italia e dopo essere stati inseriti nelle strutture d’accoglienza, spariscono letteralmente nel nulla. E da ogni forma di possibile protezione».

Ragazzine costrette a prostituirsi (e i clienti abbondano)
Nel suo saggio Casadei fonti alla mano rimanda ai fenomeni di caporalato, alla criminalità organizzata, parla esplicitamente di schiavismo, ricorda episodi come gli incidenti stradali nel foggiano dell’anno scorso: «Due incidenti stradali, nell’estate funesta del 2018, hanno ucciso in poche ore, il 4 e il 6 agosto, sedici operai della terra: quattro sulla provinciale tra Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri, dodici sulla statale 16 vicino a Lesina». E osserva: «Ampi sono gli spazi determinati dalle procedure e dai dispositivi sopra descritti per le azioni della criminalità organizzata e delle mafie transnazionali. Anche qui parlano i numeri e danno l’idea, per così dire, di quanto futuro abbiano la tratta e lo schiavismo». Il 60 per cento di 550mila migranti arrivati in Italia negli ultimi hanno alla richiesta d’asilo ha avuto una risposta negativa: «Significa 200mila potenziali irregolari. Un circolo vizioso: i respinti finiscono nei ghetti».

Dunque: per essere immigrati regolari occorrono i riconoscimenti ufficiali, lo status di rifugiato ad esempio, le autorità non lo concedono, gli immigrati finiscono in un territorio sconosciuto in mano alle organizzazioni criminali o a chi li sfrutta in maniera, per dirla in modo sarcastico, “privatistica”. Un bacino perfetto per la tratta dello sfruttamento sessuale soprattutto delle donne. Non solo maggiorenni. Al contrario: giovanissime e di origini poverissime.

Casadei cita Tiziana Bianchini, responsabile immigrazione della “Cooperativa lotta contro l’emarginazione” di Sesto San Giovanni: «Soprattutto sono piccole. L’età media delle prostitute nigeriane era di 20, 21 anni prima del 2011. Adesso sono aumentate le minorenni, le adolescenti». Nigeriane, soprattutto. Alle quali i trafficanti impongono di spacciarsi per maggiorenni. La qual cosa ha anche un’altra implicazione su cui si tace troppo: una parte consistente degli italiani “brava gente” paga per scoparsi ragazzine con l’età delle loro figlie e nipoti perché sono giovanissime fingendo di non sapere che sono giovanissime. E non sono pochi, quei clienti, altrimenti quel mercato non avrebbe proliferato come ha proliferato dal nord al centro al sud.

Un video-reportage di Repubblica con le testimonianze di ragazze salvate dalla tratta della prostituzione

Il saggio di Casadei è in corso di pubblicazione, in Migración y trata de seres humanos en el Mediterráneo, in E. Pérez Alonso (dir.): Formas contemporáneas de esclavitud y derechos humanos en clave de globalización, género y trata de personas, Tirant lo Blanch, Valencia, 2019.

Qui il programma completo della Summer School di Marsala 2019

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