Wes Anderson e Oliver Stone al Festival di Cannes. I due registi statunitensi si presentano sul carpet della Costa Azzurra con i loro ultimi lavori. Il 52enne texano Anderson, regista di The Grand Budapest Hotel è in concorso con The French Dispatch mentre il newyorkese ex militare e dissidente Stone porterà, fuori concorso, la rivisitazione documentarista del suo discusso Jfk, il film del 1991 sull’assassinio di J.F. Kennedy a Dallas nel 1963, dal titolo IFK Revisited: Through The Looking Glass.
Wes Anderson che sarà in sala dall’11 novembre con la Disney, questa volta va anche oltre sé stesso riempiendo quest’opera delle sue cartoline fumetto, dei suoi teatrini in cui i personaggi sono poco più che burattini in un teatro di cartapesta. “Una lettera d’amore ai giornalisti ambientata nell’avamposto di un giornale americano in una città francese immaginaria del XX secolo” – così descrive il film lo stesso Wes Anderson che aggiunge – “Non è una storia facile da spiegare, ma parla di un giornalista americano con sede in Francia che crea una sua rivista. Non è comunque un film sulla libertà di stampa, ma quando si parla di reporter, si parla anche di quello che sta succedendo nel mondo reale”.
Il trailer di “The French Dispatch”
Centrali, nel film, piccole storie della quotidianità redazionale di questo giornale tornate alla luce dopo la morte del direttore interpretato da Bill Murray, presenza fissa nei film di Anderson. Storie che fanno parte di una serie di racconti pubblicati nell’omonimo The French Dispatch, ambientato nella fittizia città francese di Ennui-sur-Blasé. L’ispirazione è frutto dell’amore di Anderson per il New Yorker tanto che alcuni personaggi ed eventi sono infatti basati su fatti reali come l’occupazione studentesca del maggio ’68 e ispirata all’articolo di Mavis Gallant ‘The Events in May: A Paris Notebook’. In The French Dispatch c’è comunque quello sguardo americano, un po’ paternalistico e indulgente, sulla “vecchia strana Europa’.
Numeroso e importante il cast a disposizione: Benicio del Toro, Francesc McDormand, Jeffrey Wright, Adrien Brody, Tilda Swinton, Owen Wilson, Timothée Chalamet, Mathieu Amalric, Willem Dafoe, Edward Norton, Liev Schreiber e molti altri tra cui Lea Seydoux che interpreta “una donna multistrati”.
Oliver Stone con JFK Revisited: Through The Looking Glass sarà presentato oggi fuori concorso con le voci narranti di Whoopy Goldberg e Donald Sutherland, e in abbinata al Director’s Cut del film nel programma “Cinéma à la plage”, il viaggio nella cosiddetta “Cospirazione Kennedy” si rafforza delle verità che iniziano a a emergere dai documenti desecretati dal Congresso americano.
Il trailer di “Jfk Revistied: Through The Looking Glass”
“Quando fai un film di finzione – dice Oliver Stone, riferendosi al film del 1991 – puoi sforzarti di restare il più possibile aderente alla verità dei fatti e delle testimonianze, ma sei sempre attaccabile per quella parte di invenzione artistica che il racconto richiede. – e aggiunge – Un documentario invece parte dai fatti e dai documenti, fa parlare testimoni e protagonisti ed è quindi molto più credibile. La verità è che quando il presidente fu ucciso stava facendo scelte scomode per troppi e da allora le autentiche leve del potere sono passate dalla politica ai servizi d’informazione e ai trust economici. A suo tempo l’amministrazione prese l’impegno di rivelare tutta la documentazione dopo 25 anni in cui restava coperta dal segreto di Stato. Trump ne annunciò la pubblicazione per propaganda, visto che era comunque un atto dovuto, ma di fatto a oggi solo una piccola parte di quei documenti è già accessibile e su molti la Cia ha richiesto più tempo per verificarne la divulgabilità. Sono i segni di un impero intimorito dal suo declino e che per questo gioca sulla difensiva ed è preoccupato di ogni cosa che possa danneggiare lo status quo”.
E’ grazie allo scrittore attivista James Di Eugenio, co-sceneggiatore della pellicola con Stone, che si riapre ancora una volta un dossier di domande senza risposta che superano di gran lunga i fatti accertati. Insomma di può continuare ad affermare che per J.F. Kennedy, per il suo presunto assassino Lee Oswald e per Jack Ruby, il killer di Oswald, “di sicuro c’è solo che è morto“. Proprio quella frase scritta nel 1950 dal cronista Tommaso Besozzi a proposito dell’uccisione di Salvatore Giuliano e che rimase scolpita nel film omonimo di Francesco Rosi, maestro e capostipite della filmografia che vuole far luce sui misteri e i segreti di un qualsiasi paese, sia l’Italia di Rosi o l’America di Stone.
a cura di M.Cec.